In piena bagarre per la lotta playoff e salvezza, il campionato di Serie A oggi ci concede la possibilità di conoscere meglio una delle rivelazioni del torneo nostrano: il nativo di Bahìa Blanca Bruno Cerella. Importato in Italia nel 2002, Bruno è sicuramente un conoscitore del nostro basket avendo militato dalla C2 alla serie A passando per quasi tutte le leghe nazionali. Ora lo ritroviamo a Teramo dove è uno dei perni principali della squadra di coach Ramagli e con le ultime buone prestazioni sta tentando di trascinare la BancaTercas fuori dal buio della zona retrocessione.
Oltre che un ottimo giocatore Bruno Cerella è un “hombre del partido” anche fuori dal campo, dove dimostra una spiccata sensibilità e un altruismo invidiabile per la giovane età. Infatti insieme all’amico fraterno Tommaso Marino sono gli ideatori di “Slums Dunk”, un progetto che coinvolge le baraccopoli keniane di Nairobi e che vede il basket come sport di squadra e di condivisione all’interno di una realtà totalmente diversa dalla nostra.
Ma entriamo nel vivo di questo splendido esempio di solidarietà con il vero protagonista.
Iniziamo con un paio di domande più tecniche: cosa dici di questa stagione a Teramo? Siete partiti male ma adesso state venendo fuori dalle zone pericolose:
“Siamo partiti con alcune difficoltà a livello d’infortuni, ed essendo una piccola squadra abbiamo sofferto per un bel periodo la mancanza di un vero numero 2 come doveva essere Trey Johnson. In più il fatto di aver perso 4-5 partite allo scadere è una cosa che senza dubbio ti condiziona, visto che inanellando 2 o 3 vittorie in più ora staremo parlando di zona playoff! Adesso sembra che la squadra stia trovando i giusti equilibri e anche quel pizzico di fortuna in più che a volte ci vuole. Speriamo di finire bene la stagione e di uscire al più presto dalla zona bassa della classifica.”
La Lega ha disposto che dal prossimo anno i “passaportati” saranno considerati stranieri: cosa ne pensi?
“Non so bene cosa dicono le nuove regole e non sono una persona a cui piace far polemica, ma di sicuro il mercato per noi ‘passaportati‘ sarà molto diverso perché dovremo trovarci sullo stesso piano degli stranieri. Nei prossimi giorni ci saranno sicuramente dei chiarimenti soprattutto per quanto riguarda la situazione dei passaportati già presenti nel campionato italiano come me e i nuovi per la prossima stagione.”
Passiamo ora alle cose serie: quest’anno ci sarà la seconda edizione di Slums Dunk, raccontaci un po’ in cosa consiste il progetto e come è andata la prima edizione? E perché la scelta di un Paese africano come il Kenya?
“Il progetto consiste nel portare la pallacanestro nelle zone più difficili di Nairobi, riuscendo a coinvolgere ragazzi ed allenatori per promuovere lo sport (in questo caso il basket). Inoltre l’intento è quello di riuscire ad allontanare i ragazzi dalla strada, educandoli a nuove regole sociali visto che molto spesso ne sono privi. In questo modo cercheremo di far crescere le piccole realtà cestistiche all’interno di queste baraccopoli, partendo dall’entusiasmo dei ragazzi che vi assicuro è presente in qualsiasi piccolo gesto.
La prima edizione è andata molto bene ed è questo che ci spinge a continuare migliorando giorno dopo giorno il progetto. Vi assicuro che è stata un’esperienza di vita fantastica e piena di emozioni. Per quanto riguarda la scelta del Kenya è dovuta al fatto che volevamo non fosse l’Italia (la mia nazione adottiva) e nemmeno l’Argentina (il mio Paese nativo), ma uno Stato per noi nuovo e che ci desse l’opportunità di parlare e migliorare il nostro inglese.”
Perché hai deciso di iniziare questa avventura che, mettendo da parte il valore cestistico, ha sicuramente una valenza personale che non ha eguali?
“Ho deciso di iniziare questo progetto appena dopo aver finito di leggere il libro “Guida spirituale” che mia zia mi aveva regalato e che mi ha aperto la mente. Da quel momento mi sono messo alla ricerca di contatti, arrivando così a Karibu Africa, una onlus padovana che ha moltissimi progetti in Kenya.
Con estrema sincerità posso dire che per riuscire a capire fino in fondo questa mia esperienza bisogna viverla di persona perché aiutare gli altri tramite lo sport che uno ama è sicuramente gratificante oltre qualsiasi previsione.”
Bruno nel 2010 anch’io ho provato questa esperienza tra le slums keniane e ho un ricordo impossibile da cancellare. Quale è stato il tuo impatto con questa realtà?
“Di sicuro la cosa che più mi ha colpito è che nelle slums keniane, a differenza delle baraccopoli argentine, la gente aveva un calore particolare, accogliendoci sempre a braccia aperte e con il sorriso in faccia. Magari a differenza del Sud America, a Nairobi si nota meno il contrasto economico tra le diverse classi sociale. Di conseguenza è un luogo abbastanza tranquillo dove si può lavorare direttamente a contatto con la gente senza nessun problema. In argentina tutto ciò sarebbe molto più complicato da questo punto di vista.”
Quali sono gli obiettivi finali di questo vostro progetto? E noi come possiamo aiutarti?
“Penso che uno degli obiettivi più importanti sia quello di promuovere questo bellissimo sport facendo crescere innanzitutto i “club” direttamente nelle slums. Per riuscire in questo intento la cosa più importante è la preparazione degli allenatori e da quest’anno si occuperà di ciò un mio caro amico, Michele Carrea, allenatore nazionale e ad oggi assistente a Casalpusterlengo. Poi sarà il tempo a dire se saremo in grado di fare cose ancora più importanti. Intanto continuiamo a lavorare step by step con umiltà e con i piedi per terra, ma sempre sognando in grande.
Voi potete aiutarci in primo luogo inviandoci del materiale sportivo (anche solo delle casacche da basket possono esserci utili) e poi dal punto di vista economico facendo delle offerte a Karibu Afrika (www.karibuafrika.it e gruppo facebook “Slums Dunk Nairobi“).“
Per contribuire al progetto:
BOLLETTINO POSTALE intestato a: Karibu Afrika Onlus, C/C 82899717 causale Slums Dunk.
BONIFICO BANCARIO intestato a: Karibu Afrika Onlus, Poste Italiane, IT75 J07601 11200 82899717 causale Slums Dunk.
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