Bruxelles. Di fronte ai cento e oltre morti e duecento dispersi della “tragedia” sulle coste di Lampedusa, in Italia è tutto un chiamare, invocare, accusare, deprecare l’Europa. Se c’è un’emergenza, è perché Bruxelles ignora il problema dell’immigrazione, in quegli stati del sud Europa che hanno già parecchi guai.
Giorgio Napolitano ha detto: “Siamo ormai dinanzi al succedersi di vere e proprie stragi di innocenti. Non si può girare attorno alla necessità assoluta di decisioni e azioni da parte della comunità internazionale e in primo luogo dell’Unione europea”. Lampedusa “chiama in causa l’ignavia di un’Europa assente e perfino indifferente di fronte a un dramma che l’Italia è lasciata sola ad affrontare”, ha spiegato
Silvio Berlusconi. Gli europei che esprimono “tristezza” sono “ipocriti schifosi” e “assassini”, ha sparato
Matteo Salvini. “Basta con le parole: se davvero l’Europa vuole essere d’aiuto per scongiurare altre immani tragedie, trovi con l’Italia soluzioni efficaci e condivise”, ha fatto sapere Livia Turco.
“Tristezza”, ha commentato Cecilia Malmström a nome della Commissione europea,riconoscendo che “l’Europa deve rafforzare i suoi sforzi per prevenire queste tragedie e dimostrare solidarietà sia con i migranti sia con i paesi che stanno sperimentando flussi migratori sempre maggiori”. La commissaria europea agli Affari interni ha parlato con Angelino Alfano, la questione sarà all’ordine del giorno del prossimo Consiglio ed è pronta a prendere un volo per Lampedusa. L’Ue ha già in campo diversi strumenti di assistenza tecnica: le missioni Frontex per pattugliare le coste, l’Ufficio europeo per l’asilo, i programmi per ripartire i rifugiati tra i diversi paesi, i finanziamenti di cui l’Italia è tra i principali beneficiari. Prossimamente sarà attivato anche Eurosur: una mappa interattiva per scambiare informazioni nazionali di radar, satelliti e avvistamenti umani, in modo che sia “più facile intercettare imbarcazioni di migranti e salvare vite umane”. Ma il problema di fondo è che l’Europa, al di là della cooperazione, è impotente su immigrazione, asilo e sbarchi. La materia non è di competenza della Commissione: nessun paese – o quasi – è pronto a cedere parte della sua sovranità su una questione tanto sensibile politicamente ed elettoralmente quanto l’immigrazione.
“L’approccio è ombelicale”, spiega il portavoce di Malmström: “La pressione migratoria è chiara”, le politiche nazionali “sono spesso frammentate”, nessun paese “può risolvere il problema da solo” e si devono istituire “politiche a livello europeo”. Dunque la Commissione vuole “intensificare gli sforzi per combattere le reti criminali che sfruttano la disperazione umana”. Una delle idee guida è creare “nuovi canali legali” per entrare in Europa, permettendo ai disperati di chiedere asilo nei paesi d’origine o di transito, senza doversi imbarcare nei viaggi della morte. “Ma abbiamo bisogno del sostegno degli stati membri”, avverte il portavoce di Malmström. E invece gli stati membri preferiscono farsi la guerra tra loro, come accaduto nel 2011 tra Italia e Francia, quando
Roma concesse migliaia di permessi temporanei di soggiorno spingendo i migranti verso Ventimiglia, e Parigi chiuse le frontiere in violazione di Schengen.
Le lamentele del nordI paesi europei si dividono in due grandi categorie. Italia, Spagna, Malta e Grecia sono sulla linea del fronte, subiscono l’onta dei morti, devono fronteggiare sbarchi ed emergenze, chiedono solidarietà all’Europa, e lasciano andare i migranti verso altre destinazioni. Germania, Francia e i nordici temono di doversi fare carico dei problemi altrui, bloccano tutto ciò che può apparire come una comunitarizzazione delle politiche migratorie, salvo poi lamentarsi perché diventano la meta prediletta dei richiedenti asilo.
La schizofrenia europea è sintetizzata da un rapporto dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, che denuncia “il caos e la confusione che circondano le operazioni di salvataggio di migranti in mare” e critica l’Italia per “la reazione improvvisata nell’urgenza di fronte a una situazione che si ripete regolarmente”. I respingimenti sistematici vengono bocciati, ma Strasburgo riconosce che il pugno duro funziona: “Tra 2009 e 2012, il rafforzamento delle misure di controllo ha portato a una diminuzione importante degli arrivi in Italia”. Dai 37 mila sbarchi del 2008 si è scesi “rispettivamente a 9.600 e 4.000”.
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