Budapest è una città strana. La mia opinione sulla città è cambiata almeno 10 volte nell'arco di tre giorni ed una volta a casa, non ho ancora capito se mi è piaciuta o meno. È una bella città, su questo non ci piove.
Ha grandiosi palazzi in stile liberty (o art decò o come uno lo vuol chiamare), ha grandi viali, pasticcerie e hotel dal fascino retrò che per un attimo ti fanno sentire in un altro secolo.
Budapest è una città triste, i suoi abitanti lo sono.
Ma non voglio sentire "eh con tutto quello che han passato" perchè allora in Cambogia nessuno dovrebbe mai più sorridere.
Ho sentito la tristezza prepotente di chi ha visto la vera bellezza, ma sa che tutto andato e non esiste possibilità di tornare indietro. È una tristezza malinconica.
Una di quelle di cui è pregno ogni angolo de L'Avana (non sto dicendo che la capitale cubana sia triste eh!), una di quelle che vivo quotidianamente a casa mia, a Salsomaggiore.
Quando si tocca il vertice poi, c'è solo la caduta.
È stato un regalo di compleanno quindi non ho avuto modo di prepararmi, Gianni ha trovato un volo su Flygo ed è riuscito a tenerlo segreto. Appena ho saputo la destinazione mi sono incollata ad internet cercando post e consigli per viverla al meglio, oltre alla guida ovviamente.
E quello che mi ha sbalordito di più è stato accorgermi che post di un paio d'anni prima (che di regola sono attualissimi perchè a parte per una questione di cambio valuta per le rivoluzioni ci vuole un po' piú tempo), erano decisamente obsoleti. La guida del 2010 della LP era da buttare. Tutti i prezzi sono molto spesso raddoppiati (terme, ingressi...) o attrazioni gratuite, come il parlamento, sono diventate a pagamento. E da zero si è passati a 2000 fiorini.
Abbiamo scelto di mangiare una volta al giorno ma scegliendo posti di qualità ed i prezzi erano più o meno come a casa. E la città dell'est bella e super economica, che fine ha fatto?
Il cibo è buonissimo, come mi aspettavo. I piatti sono ricchi, il gulash è sempre diverso e ogni volta mi sorprende il palato. Nei ristoranti ti servono con gentilezza asettica e senza amore. Non è che pretendo che tutti si comportino come degli spagnoli ad agosto, ma questa cosa io la subisco così tanto.
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Ecco, questo è l'inizio del post scritto a caldo, un po' sui bus che giravano per la città in un clima folle (il primo giorno sembrava agosto, il giorno dopo, dicembre).
Mi sono bloccata. Ho lasciato decantare le sensazioni, e prima di scrivere un post utile vorrei scrivere un post che ti fa venire voglia di andarci, a Budapest. O di stare a casa.
Della capitale dell'Ungheria ho un ricordo medio, un ricordo che infilo subito nella categoria "Brad Pitt", il mio unico modo di spiegare quando qualcosa è molto molto bello ma non mi piace. Ne riconosco l'oggettivo valore (chi può negare che il signor Jolie non sia un pezzo da 90?), ma se dovessi scegliere ecco, io prenderei su Clive Owen, o James McAvoy.
E allora pesco nei ricordi, e cerco di mettere in fila le cose belle, che per le brutte si fa sempre in tempo.
- Ungkarikum Bisztro . L'accoglienza, la gentilezza, il cibo buono... Mi son sentita rilassata, felice.
- Le stazioni della Metro anni '60. Guardando quelle stazioni ho fatto un tuffo nel passato. Le stazioni brutte, quelle lontane dal centro... Ecco, quando ero una ragazzina le stazioni di "noi ragazzi dello zoo di Berlino" me le immaginavo così.
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Quel cono di pasta "rosolato" e ricoperto di cocco o cannella. Quello è il mio dolce ideale. Che sa di poco, un po' morbido e un po' no, che sa di cannella o cocco. Perfetto. - Quel pomeriggio passato alle Terme Gellert. Non era pulitissimo, però mi sono rilassata. Ed è stato un traguardo grandioso per me. Anche se sono convinta che su quel pavimento c'erano caterve di funghi e che l'ho scampata bella.
- La birra nel primo pub in rovina, il Szimpla Kert. Un fascino ed un'atmosfera surreali.
- La collina di Buda, da cui si può vedere il Danubio e il resto della città. E' turistica fino alla nausea, ma in un angolino si nasconde il silenzio di quella città che non ha voglia di parlare. E là sotto, silenziosa, dà il meglio.
- Il quartiere ebraico. Non so, mi ha lasciato qualcosa in gola. Non ho ancora capito cosa.
- La fondazione dei fotografi ungheresi (Hungarian House of Fotography). A parte il palazzo che è splendido e scappato da anni in cui la bellezza era ovunque, quando giri per quelle stanze, sali per quella scala cigolante e riguardi le foto di Robert Capa. Ti viene voglia di chiudere l'account Instagram, perché la fotografia è un'altra cosa. E ti senti uno sfigato, completamente ammaliato da quella bellezza.
- House of Terror. Si fa fatica a parlarne perché facendolo devi allagare il tuo spettro di umanità. E tante volte mi piacerebbe che l'animo umano non fosse arrivato a tanto. E' brutale, cruda, allestita bene, ricchissima. Bisogna prenderla con un certo distacco perché se ti lasci travolgere, non ne esci più. Passare in un corridoio di saponette "umane" è una delle esperienze più orribili che ho vissuto. E' tra le cose "belle", ma in realtà, solo tra le cose importanti.
- Il liberty, ovunque. Io sono cresciuta a Salsomaggiore Terme, ho lavorato per anni dentro il palazzo liberty più bello del mondo (si, lo dico e ne sono convinta - trovatene uno simile), è uno stile, un'arte a cui sono indissolubilmente legata. I palazzi liberty per me profumano di casa, di arte magica.
Nelle dita ho altri buoni ricordi. Non è che alla fine Budapest, col senno di poi, mi è piaciuta?