C’è sempre da rimanere storditi, col cinema di Larry Clark. E un po’ confusi dai suoi personaggi, privi di grandi qualità (privi di alcuna qualità?), apatici, incuranti, drogati. Dopo i Kids di New York e prima degli skaters di Ken Park, ecco i ragazzi surfisti nella Florida di Bully, dove il bullo del titolo è quello interpretato da Nick Stahl: prepotente, strafottente, con attacchi di ira violenti, improvvisi e inspiegabili. Un bully che rovina la vita a tutte le persone che gli stanno intorno, in primis il suo “migliore amico” Brad Renfro (attore recentemente scomparso): così migliore amico che insieme alla sua ragazza Rachel Miner (notevole la sua interpretazione) e a un branco di tossici scapestrati decide di farlo fuori. Fight the power, fight the bully. E tra gli scapestrati vi sono anche uno sballatissimo Michael Pitt e una ninfomane Bijou Phillips, il meglio del cinema indie di inizio decennio che scende in una spirale giù dove abitano gli istinti più profondi della generazione no-generazione degli ultimi anni, in perfetto stile Clark.
Intenso, a suo modo coinvolgente, scandaloso (o fintamente scandaloso?), privo di sentimentalismi (e di sentimenti), con una trama più articolata del suo solito (dopo tutto si tratta di un adattamento da un romanzo di Jim Schutze, a sua volta ispirato a una storia vera). Larry Clark è questo, prendere o lasciare. Amare o odiare.Io secondo voi da che parte sto?(voto 8)