Bunraku

Creato il 30 maggio 2014 da Arpio

Alla continua di ricerca di titoli che possano placare la mia fame di action movie in attesa di The Raid 2: Berenthal, mi imbatto in questo Bunraku. Nonostante il titolo ricordi un noto gioco di carte di gran moda tra gli anziani del nostro Paese, la pellicola è la seconda opera di tale Guy Moshe e ha un cast di tutto rispetto con tanto di Josh Hartnett come protagonista e Ron Perlman come villain. Ma allora come mai non avevo mai sentito parlare visto che è un film del 2011? Non ne ho la più pallida idea…so solo che ieri pomeriggio la pagina Facebook di Rai4 mi spara in bacheca la locandina di questo film e sotto di essa piovono commenti del tipo: “cazzo figata”…non ho potuto resistere.

In un ipotetico futuro le armi da fuoco sono state bandite, quindi l’umanità per uccidersi è tornata alle buone vecchie lame e ai cazzottoni. Il mondo è governato da bande e a est dell’Atlantico (America) domina la banda di Nicola, detto Il Taglialegna. In città ben presto arriveranno due stranieri, un vagabondo e un samurai (GACKT, eclettico musicista giapponese con la faccia da schiaffi), con due missioni diverse ma coincidenti che li porteranno allo scontro con la banda di Nicola.

Una trama semplice in pieno stile action movie, ma la vera forza della pellicola sta nella sua realizzazione. Sull’onda del successo di Sin City di Rodriguez (2005) e 300 di Snyder (2007), Moshe tenta ancora una volta di fondere fumetto e film (benché questa pellicola non sia basata su alcuna graphic novel), ma aggiunge anche dell’altro. Il regista tenta di miscelare il linguaggio fumettistico con un look e una scenografia iperstilizzata e teatrale. Quello che colpisce di più, infatti, è la scenografia dell’intero film che passa da un ambiente all’altro come un libro pop-up fuso con un origami. Lo stesso titolo del film è un omaggio a un tipo di taetro giapponese realizzato con le marionette. Non sfuggono all’occhio, poi, i sottotitoli dal giapponese realizzati come fossero didascalie di un vecchio Tex.
Il problema è che il punto di forza del film pare essere anche il suo punto debole: a una certa, infatti, non ci si capisce più nulla sul linguaggio che il regista sta usando. Si passa dallo stile fumettistico a quello teatrale, poi viene inserito un flashback in stile pop-up e poco dopo uno in stile fumetto (con una strizzata d’occhio a quello presente nel primo Kill Bill); a tratti le dinamiche ricordano quelle di un videogioco anni ’80 (con tanto di suoni e musica che richiamano il genere), il tutto inserito in una scenografia molto minimal e volutamente posticcia (non male) e con le irruzioni, di tanto in tanto, di una voce narrante presente durante l’intero film che non appartiene a nessun personaggio e ricorda parecchio quella del film tratto da Guida Galattica per Autostoppisti (2005)…insomma, si potevano benissimo inserire meno cose e creare meno confusione nello spettatore, ma ormai il dado è tratto.

Conclusione: il film è fortemente consigliato agli amanti dell’action e delle pellicole un po’ particolari e sperimentali (ma sempre un action rimane, eh). In totale è un ottima pellicola d’intrattenimento e non capisco perché fino a questo momento sia rimasto nell’ombra e lo stesso wikipedia gli dedichi una paginetta veramente striminzita.



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