Berlusconi a Domenica Live “ospite” di Barbara D’Urso
L’eterno ritorno dell’uguale. Friedrich Nietzsche era morbosamente ossessionato dal tentativo di afferrare questa visione metafisica nell’ultimo periodo della sua esistenza, la politica italiana ne è al contrario la più elementare dimostrazione concreta.
Silvio Berlusconi è poi la personificazione di questa condizione atemporale, quasi eterna, che ormai da quasi 19 anni paralizza e polarizza lo scacchiere politico italiano. Chi lo aveva dato per morto e sepolto nel novembre 2011, quando fu costretto alle dimissioni dall’ormai famigerato spread, si è dovuto amaramente ricredere. Dopo un anno di governo tecnico, di riforme lacrime e sangue e di austerità rampante, l’ex premier ha staccato la spina all’esecutivo Monti e si è rilanciato prepotentemente sulla scena con un guizzo di machiavellica diabolicità: se Monti si candida e “federa” i moderati, io faccio un passo indietro. Il professore bocconiano non ha ancora sciolto le riserve, ma lo showdown ci sarà per forza di cose nei prossimi giorni. Chissà che dopo il colloquio di domenica scorsa con Napolitano non abbia le idee più chiare e non decida anch’egli, una volta per tutte, di scendere in campo.
Sempre domenica 16 dicembre pomeriggio, a Canale 5, Berlusconi è tornato dopo tanto tempo a essere “ospite” (nel duplice senso del termine) di una trasmissione a grande impatto mediatico. Siamo a Domenica Live, nel regno di Barbara D’Urso. Qui, in un ragionato di Corriere.it, i passi salienti del comizio nazionalpopolare (perché questo è stato) in cui il Cavaliere ha intrattenuto il pubblico dello studio, catturato i telespettatori a casa e infervorato i twitternauti che, a colpi di hashtag, si sono infiammati sul web. Tra le tante perle spicca la proposta di voler abolire l’IMU, l’impopolare imposta sulla casa votata a suo tempo tra gli altri anche dal Pdl, e tra l’altro incredibilmente introdotta proprio dal Governo Berlusconi nel Marzo 2011. Sembra di rivedere quel “aboliremo l’ICI” scandito da Berlusconi sul gong di uno dei dibattiti con Prodi prima delle elezioni del 2006. E la D’Urso, nel ruolo poco giornalistico e molto aziendalistico di spalla e “gobbo”, ricordava gli Emilio Fede, i Mike Bongiorno e i Gerry Scotti dei bei tempi del 1994, quando il Cavaliere utilizzò sostanzialmente le sue emittenti televisive per bombardare di messaggi la massa in una campagna elettorale che, come questa, sembra lanciare il maggior partito di sinistra verso una netta vittoria (la governabilità, stante il porcellum, sarà un’altra questione).
Col surriscaldamento della campagna elettorale le solite, italiche assurdità parcondiciesche iniziano a dilagare. La filippica satirica antiberlusconiana della Littizzetto a Che tempo che fa del 9 dicembre ha dato il là al consueto giro di giostra delle polemiche. L’idea più balzana è stata quella di posticipare il festival di Sanremo a dopo le elezioni per evitare di “turbare” il clima politico, visto che Sanremo sarà condotto proprio dalla coppia Fazio-Littizzetto. La RAI è pubblica, si sente dire, quindi non si può fare un uso politico di essa. Mentre sulle reti private tutto è lecito, tanto non sono sottoposte alla lottizzazione politica ma solamente alla linea editoriale aziendale. Che nel caso di Mediaset coincide con quella del Berlusconi politico, che può andare – letteralmente- nel salotto di casa temporaneamente occupato da Barbara D’Urso e dettare le domande alla shohwoman più struggente d’Italia.
Il nocciolo della questione rimane in ogni caso sempre lo stesso dal 1994: il conflitto d’interessi. Senza una norma che proibisca di concentrare poteri mediatici ed editoriali e cariche politiche lo strapotere di Berlusconi risulterà ancora troppo forte per non influenzare l’elettorato. L’Italia contemporanea è un paese che, nonostante tutto, rimane ancora fortemente “televisivo”: i giornali sono in crisi nera e tradizionalmente non hanno una grande diffusione, internet prende sempre più piede ma non ancora nelle fasce più anziane della popolazione (che vista la composizione demografica del paese sono una bella fetta) ma è il piccolo schermo a essere ancora oggi la piattaforma dominante. Inutile insultare la D’Urso e il pubblico di Domenica Live: è una cospicua parte del paese che non può essere altezzosamente e sdegnosamente bollata come “popolino”. Per il semplice motivo che il voto di chi guarda Domenica Live conta esattemente come quello di chi guarda Report: uno.
Per questo, nonostante tutto, il centrosinitra ha la sua bella parte di responsabilità. Non avere mai affrontato a livello legislativo ed esecutivo la questione del conflitto negli anni in cui ha governato (7 anni su 19 dell’era Berlusconi) rimane la colpa più grave del Pds, Ds e oggi Pd. Se la natura della colpa sia intenzionale sta al cittadino giudicarlo. Certo è che il famoso discorso di Luciano Violante alla Camera del 28 Febbraio 2002 lascia, purtroppo, pochi dubbi: