Buon compleanno nubisparse

Da Martina Frattini @frattini88
Oggi nubisparse compie un anno.
E’ un po’ come per i bambini: alle persone non frega praticamente niente, ma i genitori sono tutti gasati e organizzano festoni, manco la prole fosse l’erede al trono di qualche saga fantascientifica, di quelle che ti fan venire male solo all’idea.
Bene, per me è così, il mio blog bambino ha passato il primo anno nel suo mondo virtuale, un mondo che, come quello dei bambini, è fatto di semplicità, colori, spaziotempo dilatati all’infinito, poche responsabilità e tanti sogni.
In questo anno ha imparato a camminare, anche se ha bisogno ancora di qualcuno che gli tenga la mano, ha imparato ad esprimersi, anche se lo fa ancora con difficoltà, ha assaggiato, odorato, visto, sentito. Ha pianto, di lacrime profonde, di pianti talmente forti da rimanere chiusi dentro, ma ha riso anche tanto, sguaiatamente, sempre più forte, per spazzare via o quantomeno celare il buio profondo. Quello c’è e ci sarà sempre, fa parte di lui come della sua mamma, è scritto nel suo nome. Indeciso, immateriale e volatile.
Per avere solo un anno, il ragazzo ne ha viste di cose. Ha solo bisogno di imparare a parlare bene, per poterle raccontare. Di riordinarle, analizzarle, capirle, capirsi e poi dirle. Dirle con la fragilità e la sicurezza che lo contraddistinguono. Lo farà, ne sono certa.
Intanto io lo osservo orgogliosa, lo coccolo, lo nutro, perché da buona mamma italiana quale sono, ho sempre paura che muoia di fame.

Osservo lui e me, una me un po’ diversa da quella dell’anno scorso, più sola, più sicura e molto meno sicura, più malinconica e festosa, una me che cammina tanto e veloce, che ha bisogno di macinare kilometri cercando di macinare pensieri che non si sbriciolano, con il puma che ormai soffia e basta. E graffia, graffia.

Una me che si piace tanto e si detesta, che si fa paura e che si fa forza. Che è più realizzata nel percorso della vita che gli altri vorrebbero per lei. Una me che vede il bivio all’orizzonte, senza nessun cartello ad indicarle quale sia la strada migliore da percorrere. Una me con tante storie da raccontare e poco tempo per farlo.
Una me che, se anche la metti dentro una scatola di cemento al buio, avrà sempre negli occhi il cielo. E quando le nuvole si scanseranno, sospinte dal vento, vedrà sempre l’azzurro.

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