I portafortuna, il rosso, le cose vecchie lanciate dai balconi e i brindisi a tutto, a quello che vorremmo, a quello che deve ancora venire. Buon anno è un po’ come dire buon tempo. Ci serve tempo come l’aria che respiriamo. Tempo di qualità, non quello sciorinato via come noccioline, all’inseguimento a perdifiato dei minuti contati ma quello che scorre via leggero, si impasta nella vita come lievito e non ha bisogno di continue occhiate all’orologio. Tempo per vivere e scoprire le cose, le persone per cui vale la pena farlo. Buon tempo: sereno, azzurro, senza nuvole, con l’orizzonte sempre libero.
Il tempo, nel ciclismo, ha un significato tutto suo. E’ come il tempo nell’amore: sublimi, brevi attimi senza significato, si fermano nella mente, nell’anima e non se ne vanno più. La strada scorre inesorabile, devi aggrapparti con i denti all’asfalto per rimanere con lei, eppure tra la ruota e la linea d’arrivo spesso i minuti si dilatano. Tempo che a volte non aspetta e a volte è indulgente come una carezza. Tempo e vento: o in faccia o alle spalle, come gli amici che diventano nemici. E’ questo che penso, l’ultimo giorno dell’anno che, in realtà, non è poi così diverso dagli altri trecentosessantaquattro già vissuti. Penso che nel ciclismo contano le stagioni, non gli anni. Stagioni che iniziano presto e non tengono conto del meteo inclemente, stagioni che sferzano e a volte, ai fortunati, regalano sogni. Penso a questi ragazzi che cominceranno a viaggiare già da gennaio per inseguire le corse della loro vita: gli servirà buon tempo, buon vento. I loro volti segnati dalla fatica, le loro mani arrossate dal freddo aggrappate ai manubri, le loro gambe lucide, coi muscoli come cuori vivi sotto la pelle tesa, rimarranno sempre i miei ricordi più belli del viaggio di questi mesi. Le piccole cose mi hanno sempre fatta innamorare, quelle delle quali non si accorge nessuno e che per me diventano, invece, un’autentica fissazione. Me le porto dentro, tutte queste cose intime che non bisogna confessare fino in fondo: suoni, parole, gesti del sottofondo che diventano, improvvisamente, colonna sonora perché l’anima frega, è fatta di argilla, una mano gentile lascia l’impronta senza fatica. Non fa fatica il ciclismo a entrare dentro, innocente e fragoroso come il passo di un bambino, non fa fatica a trascinarti con lui: voci, grida, gente contenta. Mi manca tutto di questa stagione e so che queste righe assomigliano un po’ a quelle che scrivo sul Moleskine tra gli appuntamenti e le cose da fare: stralci di quello che siamo, diari inusuali e non voluti. Brevi momenti francobollati su carta, come nella mente.
Penserò ancora a quei ragazzi stasera, dopo la mezzanotte. Penserò alla loro stagione che li aspetta. Alla nostra stagione che sarà, come al solito, un inseguire loro, sulle strade, ad una partenza, su una salita, ad un arrivo. Saremo là, alla fine. Sempre, con la pioggia, con la neve, con il sole.
Ci vuole tempo, per capire che bisogna inseguire la vita dove è davvero vita e ci vuole vento che ci spinga ad essere coraggiosi, in bicicletta con gli scarpini o nell’esistenza quotidiana con le scarpe da tennis.
A noi, a voi, per i nostri nuovi giorni: buon tempo, buon vento.