Buone ferie e buon ferragosto a tutti!

Creato il 15 agosto 2012 da Freeskipper
"Ferragosto" per Alberto Sordi era il classico pranzo di mezzogiorno dove non doveva assolutamente mancare il 'pollo coi peperoni'. Per la 'gente' è una giornata di festa da passare al mare con il cocomero a mollo sul bagnasciuga, tanto per tenerlo fresco. Per noi tutti oggi è una giornata che abbiamo la fortuna di trascorre, chi più chi meno serenamente, in famiglia o con gli amici. Ma in questi momenti, sempre dal sapore particolare, il nostro pensiero va a chi è meno fortunato di noi. A coloro che sono ricoverati negli ospedali, ai malati. A chi ha sbagliato nella vita e che per colpe sue, o per colpe altrui o per errori giudiziari, si ritrova in galera, ai carcerati. Le prigioni italiane sono una bomba ad orologeria sempre pronta ad esplodere. Celle fatiscenti di nove metri quadrati con quattro detenuti stipati dentro, tavolaccio e latrina alla turca, erano già una vergogna. Ma oggi nemmeno bastano più. Non c’è più spazio! La polizia penitenziaria è sotto organico e i fondi per la giustizia scarseggiano! E così il rischio collasso sta per trasformarsi in emergenza nazionale: la capienza regolamentare di carcerati è già stata superata da un pezzo, oggi siamo ben oltre i massimi livelli di tolleranza dei nostri istituti di pena. Stringere le celle e ammassare i detenuti al limite della decenza non si può più! Immaginate di passare ogni giorno di questo caldissimo agosto in una cella blindata, a quaranta gradi di temperatura. In piedi o sdraiati su una gommapiuma impregnata dal sudore proprio e altrui. Questa è tortura vera, non metaforica. Carceri sovraffollate. Celle anguste. Caldo. Niente acqua. Niente aria. Un'estate torrida che spinge a violenze e autolesionismo. Fino al suicidio in cella di chi è così disperato da non voler più vivere. E' un sistema detentivo che ha superato ogni limite! Le carceri scoppiano! Il limite di capienza ormai sforato degli istituti penitenziari italiani, diventa cronaca quotidiana di morte nelle galere. Per capire cosa voglia dire trascorrere in carcere un'estate come questa basta pensare a cosa significhi questo caldo torrido per una persona libera! Chiunque soffre a queste temperature la mancanza d'aria fresca, ha difficoltà a muoversi, a spostarsi e a dormire. Se trasferiamo queste sofferenze in una cella dove lo spazio è di due metri quadrati a persona è facile immaginare cosa succede dentro le prigioni. E' come passare un'intera estate su un autobus all'ora di punta. Puoi al massimo sederti, ma non sempre è possibile, perché non c'è lo spazio. Puoi stare in piedi per ore, oppure sdraiato su una squallida branda, a giacere su materassi vecchi, impropriamente chiamati di gommapiuma e imbevuti del sudore di generazioni di detenuti che ci marciscono sopra. Ogni ora, ogni giorno. Di notte le celle vengono chiuse il più delle volte alle 18, oppure alle 20, e restano chiuse da quell'ora fino al mattino successivo. Le finestre hanno normalmente tre file di ferro: una grata, una fila di sbarre e una seconda di sbarre meno fitte. A certe ore il sole batte dritto su quell'ammasso di ferro che fa da coperchio e trasforma la cella in una triplice graticola che agisce come uno strumento di tortura sui detenuti stipati all'interno. E' lo strumento che rese celebre San Lorenzo e le notti magiche che ne seguirono. Ma qui si tratta di giornate tragiche! Di celle che sono dei forni crematori veri e propri! E all'interno ci sono persone che non possono fare nulla, se non stare immobili, giacere ed attendere che prima o poi l'agonia finisca. E' per questo che violenze e suicidi aumentano, e pure l'autolesionismo. Ci sono detenuti che si riducono a brandelli perché sperano di essere portati in infermeria, di poter prendere degli antidolorifici o dei farmaci, o anche solo sperano di poter fumare una sigaretta. Non si contano più i detenuti che si sono tolti la vita in cella. Ma la domanda che dovremo farci, in queste condizioni, non è perché ci si suicidi così tanto, ma piuttosto perché ci si suicidi ancora così poco, visto che le carceri sono strutture che non portano affatto alla rieducazione, ma piuttosto istigano a farla finita, all'incubo ottocentesco di essere sepolti vivi. Spesso manca anche l'acqua per lavarsi la faccia e quella dei rubinetti non è potabile. Dovrebbero essere 'passate' bottiglie d'acqua a basso costo, che il carcere spesso invece non distribuisce. Ma lo Stato non interviene, nelle carceri italiane c'è la tortura. Non in senso generico o metaforico, proprio in senso tecnico. Queste condizioni, anche senza botte o provocazioni volontarie, si configurano come una tortura di Stato. Per cui, se esiste un torturato esiste anche un torturatore. Non parliamo degli agenti penitenziari che sono a loro volta, in senso lato, dei semi-detenuti, ma delle autorità che hanno a che fare con questo sistema. Gente che per cattiveria, imbecillità o peggio ancora, fa leggi che spediscono in carcere persone che non ci dovrebbero neanche andare. E che non prende alcuna misura per evitare la situazione tragica a cui le condanna.
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