Buone storie e buoni libri

Creato il 14 luglio 2011 da Autodafe

di Cristiano Abbadessa

Ogni tanto (ogni poco) si riapre la polemica sulla difficile convivenza tra la Mondadori (coi suoi marchi acquisiti) e gli autori politicamente impegnati “a sinistra” che pubblicano con la casa editrice di Segrate. La causa del momento può essere uno sgarbato e definitivo giudizio su Saviano oppure, come di questi giorni, l’onda lunghissima di un’acquisizione passata per vari e non limpidi giudizi nelle aule dei tribunali.
Riassumendo per sommi capi, la questione è sempre la stessa. La Mondadori (e i celebri marchi acquisiti) è di proprietà di Silvio Berlusconi, attuale presidente del consiglio e da quasi vent’anni dominus di una parte politica. A dirigerla c’è sua figlia Marina, che pare seguire in tutto e per tutto le orme paterne. Con Mondadori e annessi pubblicano molti autori che professano idee di sinistra, alcuni anche impegnati in prima persona sul fronte avverso a quello dell’editore. Come possono, si chiedono maliziosamente alcuni giornali, tali autori rimanere senza imbarazzo “al servizio” dell’editore Berlusconi, contribuendo alle sue fortune economiche e non solo?
Gli autori rispondono con garbo, dividendosi in correnti e sottocorrenti del disagio o della pacifica convivenza; ma, al dunque, defezioni non se ne registrano, se non quando lo scontro diventa così personale da risultare, nell’immagine, penalizzante per entrambi gli attori. I cinici commentano che gli autori non se ne vanno per una questione di soldi; ma mi pare tesi risibile e confutabile, visto che altri colossi editoriali garantirebbero condizioni economiche certo non peggiori.
Personalmente ho una mia tesi, confortata dalla lettura delle opere che scalano le classifiche dei bestseller. Ed è che, basta un occhio allenato per accorgersene, nei libri del gruppo Mondadori si vede la mano robusta e capace di editor e redattori che migliorano e affinano il prodotto; nelle opere di tanti altri celeberrimi editori, questa mano non si vede, e talora si incontrano anzi traduzioni improponibili, errori marchiani, passaggi a vuoto che potevano essere eliminati o riempiti, faticose dissonanze narrative su cui l’autore poteva essere indotto a riflettere. Al punto che mi capita spesso di rimpiangere di non aver avuto tra le mani certe opere grezze, poi di successo, basate su un solido impianto e su contenuti ricchi, ma gravate da difetti narrativi vistosi e penalizzanti.
Gli autori Mondadori “di sinistra” conoscono bene il lavoro di quanti, all’interno della casa editrice, migliorano il prodotto. Il famoso oscuro lavoro redazionale di cui a volte il lettore fatica a prendere coscienza, limitato anche dal fatto di non avere per le mani una doppia versione dell’opera, il prima e il dopo la cura redazionale.


Ne parlo perché noi di Autodafé riteniamo che questa fase del lavoro sia il momento più esaltante e creativo della fatica editoriale. Trasformare buone storie in buoni libri, come dice il nostro slogan. Non, attenzione, confezionare in base ad analisi di marketing delle buone storie, da mettere poi in mano a buone penne e redattori attenti per cavarne il prodotto di facile successo. Semmai il percorso contrario: il saper riconoscere il buon punto di partenza, e trarre da un’idea forte e da una struttura narrativa robusta l’opera finita, sgrezzando e cesellando, correggendo e limando, alleggerendo o rafforzando, sempre insieme all’autore, tutto ciò che è perfettibile e migliorabile.
Dicevo pochi giorni fa che, nella capacità di riconoscere la buona storia e la stoffa di un autore degno di questo nome, mi ritrovavo nella ottima compagnia di tanti altri colleghi piccoli editori, di cui avevo condiviso le scelte nella selezione delle opere. Su questo, invece, mi piacerebbe sfidarli: la capacità di trasformare la buona storia in un buon libro, la capacità di utilizzare la buona stoffa dell’autore per confezionare un abito di pregio (e, qualche volta, persino l’abilità di intravedere, in una forma grezza e non preziosa, il potenziale punto di partenza per costruire insieme qualcosa di importante).
Perché un buon libro non si “scopre”, ma si costruisce insieme con intuito, pazienza, fatica e generosità. E i buoni autori sono i primi a saperlo, e a regolarsi di conseguenza.


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