C'è solo una cosa peggiore dell'istinto materno: l'istinto nonnesco

Creato il 06 dicembre 2012 da Taccodieci @Taccodieci


L'orologio biologico ticchetta come il cuore rivelatore di Poe, da sotto le assi del pavimento.
Essere una (over) trentenne portatrice sana di utero è già difficile a causa delle ansie che ci ha dato in dotazione Madre Natura con il kit di installazione, se poi ci si mettono anche le ansie sociali... beh, siamo f*****e.
In sostanza, passeggiare con un apparato riproduttore all'apice della propria capacità riproduttiva è un po' come girare con una pochette piena zeppa di Cartier: tutto ruota attorno a quello e ci sono mille occhi puntati su quello e l'uso (o il non uso) che ne stiamo facendo.
Chissà se anche per un uomo è così... Bah, non lo capirò mai. Fatto sta che hanno la vita più semplice, loro, in millemila situazioni: questa sarà una di quelle.
Tendenzialmente non sono una persona che da peso a quello che pensano o non pensano gli altri, perchè ritengo che la vita sia già abbastanza complicata di suo. Degli altri non mi curo e passo, stringendomi forte alla manina delle persone che per me contano, che mi guidano nel cammino.
Solo che c'è solo una cosa più spietata e accanita dell'orologio biologico materno, ed è l'orologio biologico nonnesco.
Oggi vado a pranzo dai miei.
Mentre cerco di condensare in trentacinque minuti nutrimento ed un rapporto madre-figlia di livello accettabile, subdolamente mia madre mi chiede di andare nella mia vecchia cameretta a vedere delle tende nuove.
Invece di sentire puzza di inganno, ci casco come una polla e vado subito in camera: sul mio minuscolo letto ad una piazza c'è Andrea.
Andrea ha ventisei anni, è lungo cinquantaquattro centimetri, siamo stati assieme per tantissimo tempo e ne abbiamo passate di tutti i colori. Andrea è il bambolotto con cui ha giocato per una intera infanzia una piccola Redaz.
- Oddioooo! Ma è Andreaaaa! Dove l'hai trovato?
- E' sbucato facendo pulizia nel garage... Scommetto che non te ne ricordavi nemmeno più. E invece... Eccolo qui, con addosso i vestitini che indossavi tu quando eri piccola.
- Mamma, che sorpresa bellissima! Ha la testa attaccata? Ricordo che la perdeva sempre e papà diceva che era piccolo, ma perdeva già la testa dietro alle ragazze.
- Sì, la testa l'ha aggiustata papà. Ahahah, l'avrà persa almeno cento volte.
Mi spupazzo Andrea in lungo e in largo per la casa e non me ne importa niente di arrivare in ufficio in ritardo e far arrabbiare il capo: vorrà dire che farà la fatica di arrabbiarsi e poi anche quella di farsela passare.
Se dovessi quantificare in ore il tempo che da bambina ho trascorso con Andrea, probabilmente risulterebbe la distanza tra la terra e la luna espressa in centimetri.
Lui era il mio amico. Sono stata molto sola e molto asociale, da bambina, anche se forse adesso non si direbbe, quindi per me Andrea era molto più di un pezzo di plastica sagomato. Ricordo di aver terribilmente sofferto quando lo dimenticai al sole in auto e gli si deformò una gamba: sentivo che lo avevo tradito.
- Sei felice che te l'ho ritrovato? Gli ho anche fatto il bagnetto.
- Mamma, è una sorpresa meravigliosa. Grazie, grazie davvero.
Mia madre mi porge un sacchetto di carta Ikea.
- Tieni: portatelo a casa.
- No, mamma, tienilo qui. E' giusto che stia qui, così magari un giorno, SE avrai dei nipoti, avranno qualcosa con cui giocare.
- Beh, QUANDO avrò nipoti saranno figli tuoi. Porta a casa Andrea, lo porteranno qui quando verranno a trovare i nonni.
Mia madre mi guarda con la testa china e gli occhi che luccicano.
Mi chiedo che diavolo abbia da guardare, quando mi accorgo che sto tenendo Andrea come se fosse un neonato vero, sorreggendo correttamente la testina. Già che siamo sotto Natale, ci manca solo che mi trasformi in una versione moderna e stilosa della natività.
- Non ti dice niente?
- No, mamma, non cominciare.
- Guarda come staresti bene con un bambino vero in braccio: staresti benissimo!
- Mamma, no!
- Perchè no? Non ci sarebbe mica niente di male!
- Mamma, ma questa storia di Andrea è tutto un trucco per...?
- ...
E in quel momento mi sento molto stupida, molto figlia in versione degenere, ma soprattutto molto ma molto decrepita.
Ficco Andrea nella borsa Ikea, badando bene a non trattarlo con la grazia che riserverei ad un bambino vero (nella mia testa però gli chiedo scusa), e dico a mia madre che devo scappare, altrimenti il mio capo andrà su tutte le furie. Ad un tratto mi importa.
- Mettilo nel bagagliaio, che magari qualcuno, vedendo la borsa in macchina, non te la rubi!
- Mamma, un bambolotto di ventisei anni? Comunque lo metterò nel bagagliaio, sai mai che qualcuno vedendolo parcheggiato in auto chiami il telefono azzurro.
La Redazione

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