Sono passati dieci anni da quell'11 settembre che cambiò le nostre vite e i destini del mondo intero. Un giorno capace di sconvolgere i sentimenti di ognuno, perfino delle anime più candide che d'improvviso si ritrovarono a seguire l'istinto e le viscere alla disperata ricerca della rotta smarrita, di certezze apparentemente solide finite in frantumi assieme alle immense vetrate delle Torri Gemelle di New York.
Da allora la stella polare è diventata la sicurezza e tutto il resto ha dovuto piegarsi al bisogno di garantire agli impauriti cittadini dell'Occidente ferito a morte che "mai più sarebbe accaduto". E invece è successo di nuovo e più volte. E la saggia civiltà euro-americana, fondata sui diritti e sulle conquiste civili, ha finito per rinnegare se stessa inseguendo un nemico invisibile nei lontani deserti di Levante.
Certo, bisognava rispondere a chi ha scelto di annullare la propria mente, di inaridire il proprio cuore in nome del più becero fanatismo religioso. Ma gli errori commessi sono stati tanti e troppo costosi. Così oggi non vanno ricordate soltanto le quasi 3 mila vittime di quella calda mattina di settembre, ma pure i giovani soldati che ancora tornano alle proprie famiglie chiusi dentro buste di plastica, e gli incolpevoli civili di quelle lande disperate e senza futuro, e ogni altra vittima "collaterale" della vicenda globale più recente.
Adesso, là dove si ergevano i possenti simboli della modernità è sorto un sacro memoriale collettivo, mentre tutt'intorno stanno riemergendo nuovi grattacieli per ammonire il mondo che la storia non può essere arrestata nemmeno dalle tragedie contingenti. Così è stato in passato e così continuerà a essere. Anche se la ferocia umana non mostra segni di resa.
La lunga poesia "Self Evident", composta dall'artista italo-americana Ani DiFranco dopo il crollo delle Torri, riassume al meglio la complessità di tutto ciò che è stato nei dieci anni alle nostre spalle. Lo fa da un punto di vista nuovo, senza partigianerie e abbandonando il riflesso incondizionato della rabbia. Per non dimenticare niente.
Self Evident
Sì, noi tutti siamo solo poesie
al 90% metafore
con una povertà di senso
che si avvicina all'iperdistillazione
eppure c'è stato un tempo in cui eravamo raggi di luna
e scivolavamo giù per il collo di una giraffa
sì, scivolavamo per quel lungo corridoio
nonostante quello che dice l'impianto voce
sì, scivolavamo per quelle lunghe scale
con il whiskey dell'eternità fermentato e distillato per diciotto minuti
che ci bruciava in gola
giù per il corridoio
giù per le scale
di un edificio così alto che resterà lì per sempre
sì, fa parte di una coppia
là sulla prua dell'arca di Noè
la coppia più prestigiosa che si rimandava la palla
contro un cielo perfettamente azzurro
in quel mattino sublime
con la sua bellezza da estate indiana
il giorno in cui l'America cadde in ginocchio
dopo aver camminato impettita per un secolo
senza mai dire grazie o per favore
e lo shock fu subsonico
e il fumo assordante
perché eravamo tutti al lavoro in orario quel giorno
e tutti ci siamo imbarcati su quel volo
e poi mentre le fiamme infuriavano
ci siamo tutti arrampicati sul davanzale
e poi ci siamo presi per mano,
tutti e ci siamo lanciati nel cielo
e ogni distretto ha alzato gli occhi
quando ha sentito il primo scoppio
e ogni stupido film d'azione di colpo è sembrato superato
e quell'esodo di persone e automobili
assomigliava alla guerra
più di ogni altra cosa che abbia visto finora
finora, per ora
così fiero e ingegnoso
un fantasma poetico riapparso dopo due secoli
che ogni commentatore idiota si trovò a balbettare
"oh mio dio" e "è incredibile"
nient'altro per ore e ore
e voglio dirvi una cosa, già che ci siamo:
potete tenervi il Pentagono
tenervi la propaganda
tenervi ogni singola televisione
che ha tentato di convincermi
ad aderire al piano di qualche liceale fanatico
per orchestrare la ritorsione
proprio mentre il fumo bluastro e tossico
del nostro esempio di ritorsione
sta ancora ammorbando l'aria
e abbiamo cenere sulle scarpe
e cenere nei capelli
un mantello sottile di limo
da Hell's Kitchen a Brooklyn
e le strade sono piene di storie
di svolte impreviste e ritardi provvidenziali
e ogni bar aperto
si riempie fino al soffitto di leggende di disastri evitati per un soffio
e il whiskey scorre come mai era successo
mentre in tutto il paese la gente scuote la testa e si versa da bere.
E allora facciamo un brindisi
a tutti quelli che vivono in Palestina
Afghanistan Iraq El Salvador
un brindisi a tutti quelli che vivono nella riserva di Pine Ridge
sotto lo sguardo gelido e pietrificato
del Mont Rushmore
un brindisi a tutti quei medici
e quelle infermiere
che ogni giorno permettono alle donne di scegliere
che affrontano una minaccia grande come Oklahoma City
solo per ascoltare la voce di una ragazza
un brindisi a tutti i condannati a morte
che in questo momento aspettano la loro ghigliottina
soffocati dal terrore
e possono fuggire solo in se stessi
per trovare la pace in forma di sogno
perché portateci via le nostre playstation
e siamo una nazione da terzo mondo
dominata da una specie di erede blasonato
che ha usurpato lo studio ovale
e quelle elezioni fasulle
voglio dire,
che non ci vuole certo un metereologo
per guardare fuori che tempo fa
Jeb aveva detto che avrebbe consegnato la Florida, gente,
e altroché se ci è riuscito
e queste sono le nostre verità lampanti
1. George Bush non è presidente
2. l'America non è una vera democrazia
3. i media non mi prendono in giro
perché io sono una poesia
attenta all'iperdistillazione
non ho posto per una bugia così prolissa
abbraccio con uno sguardo
tutta la mia famiglia di esseri umani
e sollevo il bicchiere in un brindisi
che sia il nostro ultimo sorso
di carburanti fossili
giuriamo di farla finita con questo veleno
di disperdere gli sciami di aerei pendolari
e ritrovare quel biglietto del treno
che avevamo perduto
perché c'è stato un tempo in cui la ferrovia costeggiava il fiume
e curiosava in tutti i cortili
e c'era il bucato steso
e graffiti che ammicavano da ponti e muri di mattoni
giravamo tra montagne e vallate
sotto le stelle
io sogno di viaggiare come Duke Ellington
nella mia carrozza privata
sogno di aspettare
sulle alte panchine di legno biondo
in una stazione centrale inondata di grazia
e poi in piedi sul binario
sentire l'aria sul viso
restituire alla notte il suo fischio lontano
restituire alle tenebre l'anima
mandare affanculo una volta per tutte le grandi compagnie petrolifere
e imparare da capo il rock'n'roll
sì, gli esempi ci circondano
e ci aspetta un cambiamento
e dunque è ora di esaminare le macerie
ripulire le strade e rinfrescare l'aria
cosringere il governo
a tirar fuori il suo grosso uccello dalla sabbia del deserto
di qualcun altro
rinfilarselo nei pantaloni
e farla finita con gli slogan ipocriti di libertà duratura
perché quando quell'unico telefono ha chiamato
nel 2001 alle nove e dieci il 911
che è il numero che tutti abbiamo chiamato quando quell'unico telefono
ha squillato
dietro la parete dalla nostra scrivania
fino al corridoio
lungo le scale interminabili
di un edificio così alto
che il mondo intero si è voltato
solo per vederlo cadere.
E già che ci siamo vi ricordate la prima volta?
la bomba? il camion?
il parcheggio sotterraneo?
la principessa che non si era neppure accorta del pisello?
vi ricordate come ci scherzavamo sopra?
riuscite ad immaginare quanti bicchieri di carta dovrebbero cambiare decorazione
inseguendo l'incredibile cambiamento dello skyline di New York?
era solo uno scherzo, naturalmente
solo uno scherzo
ed è successo solo pochi anni fa
e allora che l'inchiesta dimostri
che l'FBI era coinvolta nel caso
che la trama era evidente e sotto gli occhi di tutti
e ad esaminare la zona religiosamente
la CIA - o è il KGB?
che ha commesso innumerevoli crimini contro l'umanità
sempre con questa eventualità come scusa
per tutti gli abusi
commessi l'uno dopo l'altro
senza mai un indizio
guardate c'è un'altra finestra lassù,
al 104° piano
un'altra chiave
un'altra porta
letterale al 10%
al 90% metafora
tremila poesie travestite da persone
in una giornata quasi perfetta
dovrebbero essere qualcosa di più
che pedine nella sacra rappresentazione di qualche stronzo
così adesso tocca a voi e tocca a me
fare in modo che non siano morte invano.
Shhhhh...... ascolta piccola, lo senti il treno?
Ani DiFranco