Puoi raccontarci com’è nata questa serie così insolita nel panorama televisivo italiano?
«Come spesso accade è il frutto di una concatenazione di eventi fortuiti e casuali. La genesi di Apnea si deve ricondurre a un differente progetto, a cui avevo lavorato sempre per Fox un anno prima della messa in onda. Si trattava del pilota (primo episodio “di prova” con cui si testa il gradimento del network che deve commissionare la serie, NdR) per una serie TV cosiddetta interstiziale, ovvero costituita da episodi brevi (12 minuti) che avrebbero dovuto riempire vuoti di palinsesto dove necessario. Si chiamava Undetected Crimes e aveva alla base un concept molto intrigante e originale: un giovane detective sui generis, mosso da una personale quanto misteriosa vendetta, osserva il mondo esterno dai monitor dei suoi computer e, senza mai lasciare la sua stanza, investiga e risolve episodio dopo episodio una serie di casi tutti frettolosamente archiviati come incidenti, ma dietro cui in realtà si cela un crimine, un delitto. Benché l’episodio pilota fosse stato molto apprezzato dal network, la serie non fu mai realizzata. Alcuni mesi dopo, però, l’acquario di Genova strinse un accordo con il canale Fox che prevedeva tra le altre cose anche la realizzazione di una miniserie ambientata proprio presso la loro struttura. Fu allora che Undetected venne ripescato dal network, ma naturalmente a parte alcuni pallidi spunti presenti nel concept originale fu necessario elaborarne uno completamente nuovo, che si adattasse meglio all’ambientazione. Nacque così Apnea».
Che risultati ha avuto in termini di ascolti?
«Ottimi. Specie se si considera che la serie non ebbe alcuna forma di promozione, e nonostante questo mantenne la media del canale. Un risultato non da poco, perché si trattava di Fox Crime, il canale su cui vengono programmate serie di successo come CSI, che vantano un pubblico fisso, di affezionati. Per fare un esempio concreto dirò che contemporaneamente ad Apnea il network varava una nuova serie comedy intitolata Non pensarci con Valerio Mastandrea, protagonista anche dell’omonimo film da cui era tratta. Benché questa serie con cast all star poté contare su una promozione su vasta scala (cartellonistica stradale, spot, pubblicità sulle fiancate degli autobus, ecc.) gli episodi di Apnea, non pubblicizzati e privi di interpreti noti (fatta eccezione per la partecipazione amichevole di Ignazio Oliva), ebbero sempre ascolti fino a dieci volte superiori a quelli della serie “rivale”».
Il titolo Apnea può far pensare sia a una condizione reale che metaforica, qual è il suo significato in questo caso?
«È entrambe le cose. Il titolo di lavorazione della serie, inizialmente, era Profondo Blu. Fummo poi costretti a cambiarlo perché risultò non disponibile in termini di diritti. Avevo bisogno quindi di un titolo breve, evocativo ed efficace, e Apnea mi sembrò subito la scelta più indicata: l’idea di restare senza fiato è collegata in vario modo ai contenuti della serie, a partire dal genere stesso a cui appartiene, che è il thriller. Inoltre, tutta la vicenda ruota intorno a un misterioso assassino che uccide uno dopo l’altro i protagonisti, somministrando loro un veleno potentissimo, derivato da certe specie ittiche, chiamato tetradotossina. Si tratta di una neurotossina che blocca la conduzione nervosa producendo convulsioni e blocco cardiorespiratorio. Infine, la soluzione stessa del giallo è strettamente collegata al titolo, ma per chi non avesse ancora visto la serie è meglio non rivelare troppo…».
A cosa stai lavorando adesso?
«Per scaramanzia non si parla mai dei progetti in fase di sviluppo. Dirò solo che si tratta di un film per il cinema in 3D. Ultimamente mi sto occupando molto da vicino di questa tecnologia, che sembra nuova, ma che in realtà è vecchissima. Quello che m’interessa non è l’effetto speciale, ma capire in che modo la stereoscopia può arricchire la tavolozza di colori a disposizione di un regista, in che misura cambia il modo di raccontare, e soprattutto come può essere usato per aggiungere un’altra dimensione… alla storia. Ho già realizzato un corto di cinque minuti con la tecnica del 3D stereoscopico, intitolato Il gioco di Sarah, che è stato proiettato con successo l’anno passato al Future Film Festival di Bologna e al Fantafestival di Roma. Si tratta di un teaser: un breve racconto per immagini con cui suggerire atmosfere di un film da farsi, e catalizzare l’attenzione di produttori e finanziatori».
Per Approfondire
L’episodio pilota di Undetected Crimes
Il teaser de Il gioco di Sarah