Quanto poco certe definizioni rivelano di un personaggio e del suo programma politico. “Laico” è l’aggettivo che si spreca in questi giorni per l’astro nascente della politica di Israele: Yair Lapid che ha portato il suo nuovo partito Yesh Atid (C’è un futuro) a essere il secondo per numero di seggi nel Parlamento di Israele. Laico è un aggettivo cui si dà immediatamente credito, come a un sinonimo di moderno e razionale, libero da influenze religiose o in qualche modo oscurantiste.
Alla laicità rivendicata da un partito spesso si applica anche la collocazione al “centro” dell’arco delle forze politiche. Ora che l’onda del sentire comune, come viene rappresentato dai media, pone alte aspettative sui partiti di “centro”, il programma di Lapid che parla di ‘economia, questioni sociali, lotta alla corruzione e ai privilegi delle istituzioni religiose, appare a prima vista un rinnovamento rispetto alla politica destrorsa di Benjamin Netanyahu.
Il privilegio che Lapid vuole abbattere è l’esenzione dal servizio militare di cui gode la comunità ortodossa. In pratica propone un’estensione delle forze armate e dei relativi costi, già spropositati, che lo stato sostiene. Non a caso su questa proposta ottiene il sostegno del partito dei coloni, componente nazionalista e guerrafondaia della società, HaBayt Hayehudi di Naftali Bennet.
Sommando i seggi conquistati da Netanyahu, Lapid e Bennet, si forma una maggioranza che rivela, contrariamente a quanto alcuni sostengono, uno spostamento a destra di Israele, sebbene il Likd-Yisrael Beitenu di Netanyahu non abbia ottenuto i risultati attesi alla vigilia.
Sulla questione dei Palestinesi, Lapid non ha detto molto in campagna elettorale, ma si è dichiarato favorevole alla ripresa dei negoziati. Prima di rallegrarsi, occorre leggere la sua dichiarazione
“Israele dovrebbe tornare al tavolo dei negoziati con i palestinesi. Ogni persona sana di mente sa come andrà a finire: I palestinesi avranno un paese e gli insediamenti rimarranno una parte di Israele”
Sulla questione di Gerusalemme è stato ancora più lapidario.
“Gerusalemme appartiene al popolo di Israele e a nessun altro”
Una convinzione che è come una lapide sopra la millenaria storia della città. Oscurantismo, altro che razionalità laica.
Il msm deve ancora scoprire, quindi, approfondendo la conoscenza di questo giornalista televisivo, è che gli aggettivi “centro” e “laico” sono molto probabilmente vuoti di senso.
Ecco un estratto della sua autopresentazione in un articolo del sito Ynetnews, vicino alla Debkafile, organo di disinformazione dei servizi segreti israeliani , sotto il titolo “Io sono un sionista”, reiterato dodici volte.
Io sono un sionista.
L’ebraico è la lingua che uso per ringraziare il Creatore, e per giurare. La Bibbia non contiene solo la mia storia, ma anche la mia geografia. Re Saul è andato a cercare muli su quello che è oggi l’Autostrada 443, il profeta Giona salì sulla sua nave non troppo lontano da quello che oggi è un ristorante di Jaffa, il balcone da cui Davide vide Betsabea deve essere ora diventato di proprietà di qualche oligarca ormai.
Io sono un sionista.
La prima volta che ho visto mio figlio con l’uniforme dell’ IDF sono scoppiato in lacrime, non ho perso la cerimonia dell’accensione della torcia nel Giorno dell’indipendenza da 20 anni, la mia televisione è stato prodotta in Corea, ma le ho insegnato a fare il tifo per la nostra nazionale di calcio.
Io sono un sionista.
Credo nel nostro diritto su questa terra. Le persone che erano perseguitate senza motivo nel corso della storia hanno il diritto a uno stato proprio e a essere liberi di costruirsi gli F16. Ogni manifestazione di antisemitismo da Londra a Mumbai mi fa male, ma dentro di me penso che gli ebrei che scelgono di vivere all’estero, non riescono a capire una cosa molto semplice di questo mondo. Lo Stato di Israele non è stato creato affiché gli anti-semiti scomparissero, ma piuttosto, affinché sia possibile non curarcene più.
Io sono un sionista. Non ha detto “Io sono un Israeliano” e questa è un’ombra inquietante che si stende sull’ intero Medio Oriente.