C'è vita dopo Monti?

Creato il 08 dicembre 2012 da Webnewsman @lenews1

L’interrogativo l’ha posto l’Economist. C’è vita dopo Monti? Vi è un futuro politico credibile per il paese dopo l’esperienza del governo tecnico?

Dal punto di vista internazionale sembra esservi molto scetticismo, alimentato, in questi giorni, dalle vicende politiche che hanno sancito la decisione di Silvio Berlusconi di ricandidarsi per la sesta volta in 19 anni alla guida del centrodestra italiano.

Lo scenario è a dir poco incerto ed a predominare è stata ancora una volta la volontà autoritaria del padrone che ha deciso di non poter lasciare in mano ad altri la propria creatura politica.

Non stupisce poi molto il fatto che alcuni esponenti del Pdl si siano affrettati ad acclamare il ritorno del leader come soluzione salvifica per un paese ridotto al di sotto della soglia di povertà tollerabile a causa delle austerità applicate dal governo tecnico.

Ma non si può dimenticare che la decrescita industriale, il dilagare della disoccupazione, l’aumento del debito in rapporto al pil, così come  i dati preoccupanti riguardanti gli elevati tassi di corruzione ed evasione fiscale, si sono accresciuti nei dieci anni complessivi in cui gli esecutivi del centrodestra hanno governato, non dimenticando che con Romano Prodi al governo il rapporto debito pubblico – pil era sceso al 108%.

C’è vita dopo Monti, quindi?. Se si andrà a votare, come è più che logico che sia, tra marzo ed aprile del 2013, peraltro con una legge elettorale tristemente invariata a causa dell’inerzia colpevole di un Parlamento litigioso, gli italiani avranno tre opzioni: un Pd guidato da Bersani dal quale ci si aspetta un importante contro – riforma sulle pensioni che possa alleviare il rigore che è stato drasticamente introdotto con l’innalzamento dell’età pensionabile; l’offerta del Pdl guidato da un leader stanco ed anziano che punterà sui suoi fedelissimi riproponendo, sostanzialmente, alcune proposte  - spot come l’abolizione dell’Imu, senza dare corpo a programmi concreti che puntino sul rilancio del lavoro e sulla detassazione dei salari e del costo del lavoro; ed infine un centro rappresentato da Fini, Montezemolo e Casini sino ad ora privo di una connotazione e di idee che ne possano fare apprezzare i contenuti se non quelli di un appoggio non privo di ambiguità a Mario Monti.

In questi giorni, di fronte allo strappo consumatosi ad opera del Pdl nei confronti del governo in pectore, ho pensato, prima di ogni riflessione legata alle vicende squisitamente politiche, al rapporto tra le istituzioni ed al difficile compito che in questo periodo vedrà protagonista il Capo dello Stato nella delicata attività di canalizzazione della crisi verso un epilogo il meno possibile traumatico e credibile – anche sul piano internazionale -, ad un giovane di 18 anni che guarda a queste vicende con gli occhi di un ragazzo adulto che si affaccia alla vita.

Ma verso quale destino si affacciano i ragazzi italiani?. Sono disillusi, questo certamente e, forse, frustrati dalla sensazione di dover scegliere la strada dell’emigrazione per cercare un futuro degno di una esistenza accettabile.

Il rapporto del Censis per il 2012 mette a nudo l’assoluto problema della centralità dell’esistenza se, nel declino decennale a cui abbiamo assistito, il patrimonio delle famiglie è passato da 26.000 a 15.000 euro, se l’85% ha eliminato gli sprechi, se il 20.4% della forza lavoro ha nell’anno che sta per terminare perso la propria occupazione e se la spesa sanitaria pubblica, su cui tanto si è discusso recentemente, costa al risparmio privato dei cittadini il 17.8% del totale.

Raffaella Zanardo, autrice de Senza chiedere il permesso, scrittrice e blogger de Il fatto quotidiano ha saputo cogliere con molta acutezza il problema generazionale che sta divorando il paese e mettendo nell’angolo della memoria una intera generazione.

Il suo progetto, Nuovi occhi per i media, sta avendo un grande successo nelle scuole proprio perché dà voce e coinvolge i protagonisti del futuro e chi, per età e per obiettivi, può avere veramente in mano la possibilità di cambiare il proprio destino e quello dei coetanei.

Dare voce a chi voce deve avere è il programma politico più importante senza il quale ogni movimento ed ogni discussione viene a risultare svilente ed aprioristica.

“I media continuano a parlare dei giovani come di una generazione perduta. Snocciolano dati sulla disoccupazione, inconsapevoli delle conseguenze dei loro messaggi. Chiunque perderebbe la speranza. Ma forse questa rappresentazione, che li racconta inerti e immobili, è funzionale a farli tacere”.

 

Cristian Curella


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