Spontaneamente quando si scrive un romanzo o un racconto, si usa il tempo passato. È naturale che sia così, visto che stiamo raccontando una storia che si presume sia accaduta tanto tempo fa. Il passato è il tempo del “c’era una volta” e quindi è il più gettonato, il più usato, per certi versi il migliore. Ma è sempre così?
Se ci riflettete, vi renderete conto che il tempo presente ha i suoi vantaggi e in alcuni casi è da preferire. Quando ho iniziato il mio nuovo romanzo, ho cominciato a usare in modo spontaneo il presente, anche se non l’avevo mai fatto. Poi mi sono chiesta perché, e se fosse davvero la scelta migliore.
Se il passato è il tempo del “c’era una volta”, il presente è tempo del “qui e ora”, sta accadendo proprio adesso… Il lettore è indubbiamente più coinvolto, sperimenta le cose man mano che accadono ai personaggi, con molta immediatezza.
Non a caso, quando si scrivono soggetti e sceneggiature, si usa il presente: nei film è tutto in svolgimento. E lo stesso può dirsi dei fumetti, un'altra forma di narrazione in cui tutto accade mentre si legge.
Ci sono pochi romanzi scritti al presente, probabilmente lo avrete notato. Personalmente me ne viene in mente uno solo, ma mi è rimasto impresso proprio per il tipo di coinvolgimento che provocava, per l’immediatezza delle sensazioni che trasmetteva, come se fossi lì a vivere con il protagonista le stesse emozioni e avvenimenti. La trama non era un granché, ma non potevo smettere di leggere…
Penso che inconsciamente sappiamo quale tempo usare quando scriviamo: senza pensarci su ci impostiamo come se il protagonista stesse guardando a qualcosa di già accaduto oppure che sta vivendo.
Perché, però, non provare a riconsiderare il presente, tanto per fare una prova, per vedere se la nostra storia ne guadagna?
Il presente è molto realistico e intenso, meno pomposo del passato, più colloquiale. Ha però anche dei forti limiti e bisogna tenerne conto. Prima di tutto non è adatto a un romanzo storico o che si svolge in un tempo diverso dal nostro. Suonerebbe falso e fastidioso.
Se una storia si svolge al giorno d’oggi, invece si può prendere in considerazione.
La storia, inoltre, non deve snodarsi in un tempo troppo lungo. Il presente è adatto a vicende di breve respiro, non va bene per una storia che abbraccia più generazioni o una vita intera.
Il tempo ha anche la tendenza a essere meno fluido del passato, più sincopato, più veloce. Se il ritmo del vostro raccontare è serrato, se tutto accade molto rapidamente, allora il presente potrebbe fare il caso vostro.
Attenzione, comunque, a mescolare i due tempi. Potrebbe uscirne fuori un gran pasticcio e provocare mal di testa in chi legge!
Presente e passato possono convivere, a patto che ci sia una reale alternanza tra qualcosa accaduto nel passato e qualcosa che sta accadendo.
Riflettendoci, ad un certo punto, mi sono resa conto del motivo per cui avevo scelto il presente per la mia storia, senza pensarci troppo: ci sono dei capitoli in cui racconto qualcosa di accaduto molto tempo prima. Il presente dunque fa da spartiacque.
E voi che ne pensate? Vi è mai capitato di usare il tempo presente per le vostre storie?
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