C’era una volta la politica

Da Fishcanfly @marcodecave

Ciò che ho cominciato ad accorgermi facendo il blogger è che lentamente sono passato dal fare i grandi sermoni, generalisti con termini filosofici e quant’altro, a fare i sermoni però in prima persona. Un’interessante scelta che non so quanto paga, ma almeno non fa evadere il fisco. Fatta la solita premessa da apprendista blogger, quello che proprio non mi va giù è come stiamo concependo la politica.

Mi mancano quegli ampi dibattiti, discorsi, forum, se volete anche un po’ intellettuali, in cui si parli di aborto, bioetica, partecipazione, pluralità, libertà. Non si deve parlare solo ai fini di fare leggi, un uso strumentale della politica che disprezzo, ma per rifare cultura. È questo che mi trovo a criticare della politica, fin dalle manifestazioni più semplici e locali.

La politica sta lì, oramai, compressa tra economia, interessi ed emergenze. La cultura si è andata a far benedire, come si suol dire. Non che abbiamo bisogno di preti per parlare di cultura: abbiamo bisogno piuttosto di chi si fa prete per la cultura. Il dibattito on-line sta prendendo il posto di quel processo di formazione dell’opinione pubblica che consideravo essere sacrosanto appannaggio della politica, non dei blogger. Che poi, se ci sono blogger e per giunta politici, ben venga.

La politica deve ridiventare il timone, non parlucchiare, sbocconcellare, rattoppare, eseguire ordini, fare capolino. Questo è solo un disprezzare la politica. La politica non si misura da quante leggi vengono emanate. Ma da come le leggi vengono emanate. Paradossalmente vorrei che nessuna legge venisse approvata, ma che, almeno, si mobilitino le persone, che qualcuno ritorni ad incazzarsi in maniera costruttiva, non per vongolesche necessità, facendosi, quindi, alleato di Capitan Findus.

Come avrete notato parlo di cultura, forse, in maniera inappropriata. Quando parlo di cultura mi sento umanista, non penso a qualcosa di asettico, ma di pulsante. Forse è pericoloso dire che la ‘politica fa cultura’ : con questo non intendo affatto pensare ad un’attuale forma di politica. Ma a quella forma originaria, di partecipazione e discussione. Le persone sono troppo presi dal tram, dai processi già realizzati, piuttosto che essere parti dei processi.

Gli animali politici sono allo zoo, pronti per i prossimi turisti cinesi. Questo è il punto. Tra loro non parlano, cercano di fuggire pochi alla volta, senza progettare però la propria libertà.

Guardate la Grecia, guardate l’Europa. Quale politica vogliamo per il futuro? Votare ancora chi è il meno peggio? Ma si tratta solo di votare per risolvere?



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