Regia: Ettore Scola Anno: 1974 Titolo originale: C'Eravamo Tanto Amati Voto: 8/10 Pagina di IMDB (8.1) Pagina di I Check Movies Acquista su Amazon
Non credo di aver mai visto altro di Ettore Scola. Purtroppo. Non penso di conoscere come dovrei il cinema italiano. Purtroppo. Il mio rapporto con attori del calibro di Nino Manfredi, Vittorio Gassman e Aldo Fabrizi è solo marginale. Purtroppo. E' difficile quindi anche solo scegliere da dove partire. Una commedia italiana dal sapore amaro, che ti lascia anche un po' stordito, nostalgico, addirittura commosso. Eppure sono anni, quelli del dopoguerra qui raccontati, che anagraficamente non ho (mai) vissuto. Un capolavoro quindi, senza tempo, anche non tenendo in considerazione i valori che uniscono i tre personaggi principali i quali hanno partecipato alla Resistenza ed alla Liberazione. Questi, sono tre amici, che nell'arco di trent'anni si ritrovano e si riscoprono, ognuno con il suo modo di vivere e portare avanti l'ideale che li accomunava. Un amaro senso di sconfitta per l'evolversi della propria condizione privata, rimpianti, decisioni forzate, promesse disincantate venute meno. Una malinconia che aleggia come filo conduttore ed il doppio binario dell'ideale, tradito o tenuto alto come uno scudo, e dell'amore per una donna (Stefania Sandrelli) sempre presente nei momenti topici della vita dei tre uomini. Tra chi si corrompe e chi si erige a paladino oltranzista del proprio credo politico, il vincitore risulta senza dubbio Antonio, l'uomo del compromesso. Colui che pur subendo le angherie sociali e politiche dell'epoca, alle volte china la testa, altre alza i pugni, ma alla fine risulterà il più pulito e di successo, l'unico a trovare anche l'amore per Luciana. Gianni invece, si corrompe fin da subito, fin da quando quella Luciana tanto amata da Antonio diventa la sua donna. E' l'unico che, e lo scotto morale non è di lieve rilievo, riuscirà ad avere una vita agiata e prestigiosa grazie alle alleanza con quanto di più un tempo odiava. Denaro e corruzione fanno di lui un uomo nuovo, totalmente diverso da Nicola che fa dell'intellettualità a tutti i costi il proprio cavallo di battaglia. Nicola va dritto per la sua strada, abbandonando pure moglie e figlio per inseguire il proprio ideale politico, la propria fede non riuscendo mai ad adattarsi ai cambiamenti della società. Ovviamente la chiave di lettura della trama è ad un livello maggiore di quello dl mero racconto, forse politico e sociologico. E pensare che potrebbe bastare questo a renderlo un film ben riuscito... Il suo essere capolavoro però è dato anche dalla tecnica utilizzata e dalla sceneggiatura scelta da Scola: un enorme flashback diviso in più parti, con salti temporali netti, rafforzati dalla scelta del colore della pellicola e dal bianco e nero per le scene più remote. Utilizza poi le voci narranti dei tre protagonisti che si alternano nell'introduzione dei fatti, si rivolgono direttamente alla camera tralasciando l'azione in cui in realtà dovrebbero essere impegnati, si sacrificano in un'esaltazione teatrale del racconto prendendo spunto da vari espedienti narrativi. Tutto questo ti avvolge e ti fa stare dentro al film, rendendoti partecipe, dal cambio di prospettiva a quello del colore per mostrarti di cosa si sta effettivamente parlando. Le storie personali si fondono con la storia d'Italia, essenzialmente e prepotentemente anche quella del cinema, a cui Scola senza dubbio vuol rendere omaggio tappezzando la sua pellicola di richiami insistenti ad altri lavori. Uno spaccato dell'Italia, dei suoi sogni, delle sue speranze, delle sue angosce, della sua voglia di riscatto raccontata in maniera magistrale che sarebbe un delitto non apprezzare.