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Cabaret Italia e dittatori cabarettisti. Vorremmo un mondo serio, mica triste

Creato il 24 agosto 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Cabaret Italia e dittatori cabarettisti. Vorremmo un mondo serio, mica tristePiergigi Bersani dichiara: “Il governo non dice la verità”. L’acume del veterinario dei panda è stordente. Sono diciassette anni che questo governo mente spudoratamente agli italiani e lui se ne accorge solo ora, dandoci l'impressione che D’Alema stia ancora veleggiando sul suo Ikaurs e, perciò, distratto. Tremonti dice: “Forse potremmo rivedere la soglia del contributo di solidarietà e portarlo a 100mila euro”. Si è accorto che molti suoi amici hanno un reddito di 91mila euro annui e che tanto dichiara Svetlana. Arrotondare non costa nulla tanto al saldo “zero” provvederanno i pensionati. Il presidente del Senato, Renato Schifani detto “riportino malefico”, ha dato a Bossi una grande lezione di uso proprio della lingua italiana. Parlando del lavoro spedito che i senatori stanno facendo per l’approvazione della manovra economica, Schifani ha sillabato un “astraendosi dalle parti politiche di provenienza” che ha suscitato l’immediata reazione del capogruppo del Pdl Maurizio Gasparri il quale, dopo essersi fatto accendere il microfono da un commesso di Palazzo Madama (l’ultima volta aveva spento l’aria condizionata) ha replicato: “Presidente la prego di non offendere i senatori di qualunque parte politica essi siano”. Dopo la proclamazione dello sciopero generale da parte della CGIL, il rampollino John Elkann ha dichiarato alle agenzie di stampa: “Serve unità, non cortei”. La gente a piedi disturba enormemente il presidente della Fiat che vede in pericolo la vendita dei Suv di ultima generazione ma, soprattutto, della Panda e delle 500, ultimi modelli rimasti e in fase di esaurimento prima della chiusura definitiva degli stabilimenti. E per rimanere in casa Fiat, apprendiamo con sgomento che Marchionne sta svendendo le sue azioni. Nei momenti di crisi (il recente crollo in Borsa della holding torinese), di solito sono i manager a farsi carico della tenuta del loro datore di lavoro. Nel caso di Marchionne è avvenuto il contrario, appena sentita l’aria, ha iniziato la cessione del suo pacchetto azionario e ha girato la prua verso altri lidi più remunerativi. Solo pochi momenti prima aveva detto: “Fiat è solida come un iceberg”, si, nei mari del Sud. Cabarettismo, però molto involontario, da parte di un serio giornale cattolico. La solita rossa, comunista, rivoluzionaria, antigovernativa, comsomolica Famiglia Cristiana parlando della manovra economica del governo Berlusconi, ha scritto a caratteri cubitali: “Contro la famiglia colpi da serial killer”. Ha risposto per tutti Maurizio Lupo de Lupis: “Famiglia Cristiana è peggio del Fatto”, quotidiano assurto ormai al ruolo di metro di paragone con la vecchia Pravda. Il principe dei cabarettisti, il comico più comico del mondo, lo scopante più scopante che possa esistere tace. Lo si è visto l’ultima volta a San Siro in occasione del “Trofeo Luigi Berlusconi” vinto dal suo Milan, quando è sceso in campo a festeggiare la vittoria. Lui si che non perde occasione di apparire, soprattutto quando fra la sua persona e la folla intorno c’è una solida rete di protezione in acciaio anodizzato. Silvio tace anche perché è preoccupatissimo per Muhammar, ma mica perché possono fargli la pelle, il motivo è che ha una paura folle di quello che potrebbe raccontare il dittatorello dei suoi rapporti con il più grande statista della storia europea. Le notizie di queste ore, che danno i ribelli dentro al bunker del Cojonello, lo hanno fortemente turbato. E, mentre da una parte, da Capo del Governo, cerca di arruffianarsi i nuovi leader libici per mantenere la montagna di euro che le imprese italiane hanno investito da quelle parti, dall’altra, come presidente della Fininvest, teme una inversione di tendenza economica nei suoi confronti da parte dei dirigenti della nuova Libia. Le sue reti televisive stanno infatti dicendo da giorni che “occorrerà verificare l’attendibilità della nuova classe dirigente”. Se manterrà i contratti sarà attendibile, altrimenti saranno dei gran figli di puttana. Ma la storia del Cojonello Gheddafi, che tutti cercano e nessuno trova, ci ricorda quella di gran parte dei dittatori della storia dell’umanità. Feroci, violenti, arroganti, deliranti, maniaci compulsivi e sadici violentatori delle libertà, diventano tutti dei poveri pensionati quando cessano di avere saldamente il potere in mano. Gheddafi è scomparso. Probabilmente staziona in qualche condotto fognario di Tripoli o si gode il dané in Sudan, però non ha fatto mancare il suo pensiero via radio: “Abbiamo lasciato il bunker per motivi tattici”, la fifa blu si chiama tattica. I dittatori sono tutti uguali. Chi non ricorda Ceausescu che aveva tentato di scappare in elicottero salvo essere preso mentre stava salendo a bordo? E qualcuno ricorda quando, davanti al tribunale popolare che lo stava condannando a morte, provò a farsi passare per un povero pensionato dello stato vessato da un italiano di nome Giulio Tremonti? Grande attore, il dittatore rumeno. E Saddam Hussein? Qualcuno ricorda le immagini della sua cattura quando uscì fuori dalla buca nella quale si era rifugiato come una qualsiasi talpa, per prendere aria? Barba lunga, vestiti laceri, denti mancanti, Saddam sembrava un clochard di Ponte Milvio, eppure aveva gasato centinaia di migliaia di curdi e pure qualche kuwaitiano. Il Cojonello teme di fare la stessa fine anche se ha incassato la solidarietà di Emilio Fede che si è detto “assolutamente contrario a qualsiasi soppressione di vita umana”, per cui meglio che vada in esilio a godersi serenamente la pensione di anzianità: in Libia non c’è Tremonti. Tutti i dittatori prima o poi crollano sotto il peso della storia. A raccontarcelo è la stessa storia e i fatti che sono accaduti sotto il cielo dell’umanità da sempre. È chiaro a tutti, arrivati a questo punto, che il cielo italiano non è lo stesso del resto del mondo. Noi viviamo sotto un cielo strano, dal colore indefinito, la cui volta celeste è celeste si, ma “Forza Italia”, come il “Rosso Valentino”. Sapete, è una questione di stile, di classe e di made in Italy.

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