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Il Parlamento dice no ai caccia F35, ma la Difesa fa orecchie da mercante.
Dopo il travagliato voto a Palazzo Madama di questa estate, infatti, la maggioranza aveva deciso di attuare una verifica parlamentare sull’acquisto dei caccia F35 nel programma Joint Strike Fighter.
Teoricamente, fino alla fine dei lavori, la Difesa dovrebbe attendere e rinviare l’acquisto dei costosi aerei da combattimento che il ministro della difesa Mario Mauro aveva definito necessari per “armare le ragioni della pace”. Allora si parlava della Libia.
Secondo lo stesso ministro, era impossibile riadattare gli aerei già in nostro possesso, gli Eurofighter, facendoli diventare aerei di attacco da velivoli di difesa quali erano.
Peccato che Francia e Inghilterra, all’epoca, lo avessero già fatto, con notevole risparmio economico e organizzativo, e li stessero utilizzando per bombardare proprio la Libia.
Ma l’Italia proprio venerdi scorso, 27 settembre, ha completato l’ordine definitivo dei primi sei caccia F35 del sesto e settimo lotto, con una spesa complessiva di circa 100 milioni di euro per aereo. E lo stesso accadrà nei prossimi mesi e nel 2014 per altri sette F35 dell’ottavo e nono lotto, per i quali erano già stati pagati anticipi per 60 milioni di euro.
Saranno 500milioni di euro i soldi stanziati per il progetto JSF entrò fine anno.
Per intenderci, sono circa la metà dei tagli effettuata ai ministeri per coprire la prima rata mancante dell’Imu, 200milioni in meno di ciò che è stato destinato agli esodati (non contando gli ammortizzatori sociali).
“La Difesa è andata avanti con il programma infischiandosene dell’indagine conoscitiva” ha spiegato Gianandrea Gaiani, direttore di Analisidifesa.it “ben sapendo che non avrebbero sospeso un bel niente perché non potevano bloccare le quattordici acquisizioni già avviate per i lotti 6,7, 8 e 9″.
Al limite, dice ancora Gaiani, potranno essere definitivamente cancellati gli impegni per gli altri caccia F35.
Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Italiana Disarmo, dice che questa indagine è un’ottima cosa ma che “non ha gli strumenti per svolgere un effettivo controllo sul procurement militare”, sottolineando che mentre loro stanno lavorando al caso il ministro della Difesa è “andato negli Stati Uniti a firmare un contratto per completare l’acquisto di sei aerei”.
Anche i ritorni economici vantati dal ministero della Difesa sembrano dissolversi al vento: la partecipazione industriale italiani al sarebbe solo al 5%: troppo bassa per avere qualunque guadagno su quegli aerei.
Aerei che, ricordiamo, sono stati definiti dallo stesso Pentagono “un gran casino”, aventi più di 719 problemi nella loro linea di produzione.
Ma la Difesa non vuole ascoltare e continua a spendere soldi per i suoi costosi e mortali caccia F35.