C’era un tempo, lontano lontano, in cui la figura del vampiro era a esclusivo uso e consumo degli appassionati di horror. Se a essi veniva qualche volta concessa la possibilità di amare, questo sentimento aveva forti significati allegorici, sessuali o di possesso. Non erano storielle romantiche da liceali, né racconti di squallidi amplessi tra non morti imbellettati e dame vogliose di sveltine proibite.
Anne Rice, che a me non è mai piaciuta, iniziò a cambiare l’interpretazione del vampiro, umanizzandolo un tantino di troppo e inquadrandolo nelle mire di lettrici che normalmente non avrebbero mai dedicato una sola occhiata a un romanzo horror.
Sul finire degli anni ’80 e tra i primi ’90 ci furono però altre nuove interpretazioni ed esperimenti (narrativi) riguardanti l’archetipo dei vampiri. Qualcosa arrivò anche in Italia, come per esempio Vampiri SPA di John Steakley, e Necroscope, di Brian Lumley. Poi ci fu anche la traduzione di Cacciatori delle Tenebre, di Barbara Hambly.
Inizio del XX secolo. James Asher, ex-agente del servizio segreto inglese ed insegnante di filologia, rientra a casa dopo una giornata di lavoro ma trova una brutta sorpresa ad attenderlo: un vampiro. Don Simon Ysidro, nobile spagnolo tramutato vampiro oltre tre secoli fa, minaccia di uccidere la moglie di Asher se egli non accetterà di lavorare per lui. Qualcuno sta infatti sistematicamente eliminando i vampiri di Londra, e Asher, suo malgrado, dovrà scoprire il responsabile e impedirgli di fare altre vittime.
La quarta di copertina della versione italiana, pubblicata da Editrice Nord, non rivela granché, ma è sufficiente a inquadrare il periodo storico in cui si svolge il romanzo, e qualche elemento importante.
Per esempio l’esistenza, sufficientemente accettata, dell’esistenza di una comunità di non-morti, radicata nella società londinese di inizio ‘900.
Epoca che, tra l’altro, fa pensare quasi in automatico allo steampunk.
Sebbene il romanzo della Hambly non faccia parte in nessuno modo del filone “vaporoso”, presenta alcuni fattori, per esempio dal punto di vista scientifico, che possono senz’altro piacere ai lettori di steampunk dalla mente aperta (ovvero non schiavi di miserabili catalogazioni da sussidiario scolastico).
Cacciatori delle tenebre è un thriller vittoriano di chiara declinazione horror, con elementi che richiamano a quello che oggi viene comunemente definito urban fantasy. Anche qui si tratta più che altro di atmosfere, di suggestioni, proprio come per “l’aroma steampunk” accennato poco fa.
Ah, e poi c’è una storia d’amore, non mielosa o stucchevole, ma c’è.
Possiamo quindi dire che la Hambly ha scritto un romanzo antesignano, che presenta aspetti che oggi, scissi, si pigliano una buona fetta del mercato della narrativa fantastica. La cosa curiosa è che la Hambly ha fatto tutto ciò più di venticinque anni fa, mantenendo un livello qualitativo sconosciuto al 90% delle autrici e degli autori che oggi scrivono storie di vampiri.
Cacciatori delle tenebre ebbe anche tre seguiti, l’ultimo dei quali – Magistrates of Hell – è datato 2012. Nessuno di essi è stato più tradotto per il mercato italiano, tanto che ci rimane solo il primo volume, che fortunatamente può anche essere letto come autoconclusivo.
Stessa sorte toccò alla saga di Brian Lumley, Necroscope, di cui in Italia venne proposto soltanto il primo libro, poi più nulla. Il poco rispetto che i nostri editori dimostravano ai lettori era già allora qualcosa che avrebbe dovuto farci riflettere parecchio.
Ho fatto un giro su Google, alla ricerca di qualche ricerca moderna, scritta da lettrici giovani, che sono cresciute a pane e Twilight. Molte di esse bocciano Cacciatori delle Tenebre, dicendo che è troppo “lento” e che i personaggi non hanno sufficiente spessore emotivo. Probabilmente tale giudizio nasce dal fatto che il romanzo in questione NON è un paranormal romance, mentre ora i vampiri sembrano intesi solo in questo senso.
Ed è per questo motivo che a me il libro della Hambly piace parecchio.
– – –
(A.G. – Follow me on Twitter)