Forse laggiù è già qui da un pezzo.
E forse anche noi siamo un po’ laggiù da quando ci è successo.
Forse laggiù è sempre stato qui e non lo sapevamo.
Se è così, allora forse anche lei è qui con noi in ogni momento.
Immagina.
Il tema di Caduto fuori dal tempo, ultimo romanzo di David Grossman, è l’impossibilità da parte dei genitori di rassegnarsi alla morte dei figli.
La sensazione comune in loro è quella di cadere, un vuoto a cui non riescono, e in parte non vogliono, sottrarsi.
Il libro è scritto in una forma quasi epica, con molti personaggi protagonisti (l’uomo che parte, la donna che rimane, il centauro, lo scriba, la moglie dello scriba, il ciabattino, la levatrice, la donna delle reti, il duca, il maestro di aritmetica, ecc. ecc.) che hanno in comune la scomparsa di un figlio.
Ciascuno di essi rievoca i propri ricordi legati alle differenti età degli scomparsi, in una sorta di racconto persona per persona che ricorda lo sceneggiato televisivo sull’Odissea degli anni sessanta nel quale le vicende erano intervallate dalle voci in coro delle ancelle.
Qui è lo scriba che per quasi tutto il romanzo prende in qualche modo il ruolo di narratore ed il tono del racconto appare quasi sottomesso e rispettoso del dolore altrui, anche a causa del proprio.
Tuttavia un clima di non pieno coinvolgimento rimane, pur rendendo questo libro un lungo richiamo a sofferenze senza via di uscita.
In completa contrapposizione a quanto qui raffigurato viene in mente il testo di Osho Perché dovrei affliggermi ora?
Un bel dibattito potrebbe nascere e svilupparsi dopo la lettura di entrambi i titoli.
Tempo di lettura: 2h 46m