di Mario Salis
Dopo una lunga malattia, all’età di 78 anni è morto a Vercelli Angelo Martino Colombo, mitico portiere del Cagliari dal 1960 al 1965, protagonista della trionfale cavalcata dalla serie “C” alla sospirata promozione in “A” insieme al mister Silvestri, sfumata nello spareggio col Pro Patria il 6 giugno 1954 al Flaminio di Roma – e prima ancora in campionato con un rigore sbagliato – dove perdemmo 2 a zero nonostante i diecimila sardi nel pubblico.
Cresciuto nelle giovanili del Pro Vercelli esordisce in prima squadra nel 1954 e vi rimane fino al 1959. Partirà a Messina per una sola stagione 1959-60 per arrivare lo stesso anno a Cagliari. Dal 1965-68 con la Juventus dove vince lo scudetto nel 1967. Dal 1968 al 73 a Verona. Chiuderà la sua lunga carriera nel 1975 militando per due stagioni con l’Omegna.
Si giocava allo stadio Amsicora con il campo ancora sterrato, poco prima della partita passava il camion del Comune con l’idrante per umidificare al punto giusto il terreno di gioco. Mentre un monomotore CESSNA sorvolava Cagliari arrivando a cerchi concentrici sullo stadio per mostrare lo striscione dei cronometri Bulova Accutron. Lancio perfetto come l’ora giusta di Accutron e due orologi con le lunghe coccarde atterravano in campo.
Fuori uno squadrone di carabinieri a cavallo grigi e sauri, cingeva lo stadio per scoraggiare i portoghesi a scavalcare il muro di recinzione, con l’invalicabile filo spinato spiovente, ma audaci scalatori compivano l’impresa sotto lo sguardo ammirato dei militi. I genitori si portavano i figli dietro, cercando di rimpicciolirli per non pagare l’ingresso, riuscendo a fatica a commuovere gli addetti alla biglietteria, non prima di averli obliterati con un “ma si è prontu a fai su sordau”. Per vedere le grandi squadre blasonate, si andava alle 11 per l’apertura dei cancelli e consumare il pranzo in curva Est od Ovest.
Riserve di Colombo furono Bertola e Bogazzi proveniente dalla Torres. Angelo Martino non si può dire fosse uno spilungone, accreditato di una statura di 1,68 innalzato nelle figurine fino a 1,73, fu uno dei portieri più bassi insieme a Quintini, ma dotato di uno slancio eccezionale nelle uscite determinate di pugno o nei plastici placcaggi. Ordinato ed elegantissimo nella sua tenuta di estremo difensore, con scarpe che splendevano con i lacci bianchi, facendoci sognare per Natale le scarpe con tacchetti di cuoio, ma anche i chiodi che con l’uso sui polverosi campi di periferia, rientravano dolorosamente all’interno.
Arrivò la serie “A” con il campo finalmente erboso, la promozione fu la festa di tutta la città, una millequattro inconfondibilmente diesel – quelle del noleggio del Largo Carlo Felice – pavesata con le bandierine come una nave, fece un giro d’onore sulla pista di atletica prima di salutare l’ultima partita in “B”.
Colombo fece il suo dovere anche in “A”, fu Carletto Mattrel a sostituirlo, arrivando direttamente dalla Juve reduce dalla nazionale nei mondiali del Cile, quando i ragazzini lo aspettavano in via Cadello dove abitava, per gli autografi. Vestì così la maglia della grande signora facendo da riserva a Roberto Anzolin, vincendo lo scudetto nella stagione 1966-67.
Nel 1968 dodicesimo al Verona Hellas che già aveva i capelli tutti bianchi, “penna bianca” si accomoda in panchina aspettando pazientemente il suo turno, guardando giocare De Min e Pier Luigi Pizzaballa, una vita nell’Atalanta e poi nella Roma, famoso oltre che in campo per essere la figurina introvabile della Panini Modena che non ti faceva completare l’album.
Nel campionato del 1970-71 all’ottava giornata, Pizzaballa incappa in un brutto infortunio alla spalla, è di nuovo la sua grande occasione per volare tra i pali come un ragazzino, anche se ha giocato solo dieci partite in due anni. A Torino contro la Juve, disputa una partita strepitosa, para tutto o quasi prima di essere battuto con onore, da uno spunto vincente poco dentro l’area del biondo Haller.
Quando ritorna a Cagliari con i giallo blu, para un rigore a Gigi Riva, il suo rombo di tuono non andò a segno, forse perché mentre sistemava la palla nel dischetto, il vecchio compagno di squadra lo schernì innervosendolo “tanto te lo paro” e cosi fu.
Alla soglia dei quarant’anni è uno dei portieri più esperti ed anziani del campionato, insieme al lungo Fabio Cudicini del Milan col suo 1,91. Al Verona gli consente di salvarsi in “A” per due volte consecutive. Si ritira umilmente nel 1975 dopo due campionati con l’Omegna.
Quando l’alto parlante annunciava le formazioni, eravamo pronti a tambureggiare con i piedi i tavoloni delle curve, i giocatori non uscivano ancora dal sotto passaggio ma da una palazzina sul fronte de La Palma in quell’ordine perfetto: Colombo, Martiradonna, Tiddia, Spinosi, Mazzucchi, Longo, Torriglia, Rizzo, Cappellaro, Greatti, Riva. Correva l’anno 1964 saremo stati promossi in “A” insieme a tutta la Sardegna e così poi verso la discesa fino al 1970, anno dello scudetto.
Mentre scriviamo, apprendiamo della scomparsa a 77 anni di Sergio Crovi, vesti la maglia rossoblu del Cagliari nella stagioni 1958 al 1960 in serie “B” nel 1960-61 in “C” classificandosi al secondo posto, per un totale di 38 partite segnando 8 reti. Giocatore del Quartu e della Tharros di cui divenne allenatore, stabilendosi nel capoluogo oristanese aprì un’attività commerciale di articoli sportivi. Fu stimato allenatore oltre che della Tharros anche del San Marco Cabras, del Macomer e della Torres
In una rara intervista radiofonica di Radio Sardegna gli fu chiesto che canzone preferisse, rispose “il cielo in una stanza” di Gino Paoli. Angelo Martino adesso che lo vedi non più racchiuso in una stanza, quando chiamerai il pallone ai due terzini in area di nome Mario, per spiccare il tuo volo verso una presa sicura, salutaci l’infaticabile e generoso Martiradonna insieme al silenzioso e roccioso Tiddia schierati strenuamente a difendere quella porta di cui eri estremo difensore.