Cagliari: l’indiano piccoletto, il quartiere popbohemien, le chips

Creato il 08 dicembre 2014 da Infoturismiamoci @Infoturismiamo

Cagliari, io e un indiano piccoletto con un grande senso degli affari. Il diluvio universale. Io con Converse, felpa e jeans incollati alla pelle tipo guaina contenitiva, lui sigillato nella mantellina di plastica, con stivali e ombrello, fastidiosamente asciutto. Nelle sue mani la salvezza: decine di ombrelli. La contrattazione: “è come se fossi appena uscita dalla vasca da bagno con i vestiti, ti pare che ti pago 7 euro un ombrello? Massimo 3!” “7!” “ma se si romperà fra 2 giorni! mai! 3″ “7!” “sono di Bari, non pagherò mai un ombrello 7 euro. E poi che fai lo scontrino?!” “di Bari? Ho venduto per 2 mesi le borse in Piazza (quale non lo sapremo mai). 3 euro! tieni quello blu, bello!” The winner is Roberta, yeah! Peccato che dopo 2 minuti niente più pioggia, niente più vento, niente più freddo. Vabbè un ombrello è sempre utile. Certo, basta non dimenticarlo dopo 20 minuti in un bar. Olè.

Scenario della contrattazione i bastioni del quartiere Castello. Notare bene, peraltro, la scritta in questa grandiosa opera di arte urbana: la meravigliosa nuvoletta azzurra con in nero “ciao piccola Annilù ricorda che non è un addio ma un arrivederci” e in bianco l’ancora più insensata scritta Jana y Victor Erasmus Bari. Bari anche per mano di erasmus imbrattoni è sempre nell’aria, è un dato di fatto.

Torniamo al quartiere Castello. Diviso tra chignon bianchi e barbe hipster, fazzoletti in testa e cloth hat supertrendy è IL quartiere di Cagliari. Tra la decadenza dei colori sbiaditi e delle finestre murate, si realizza l’unione perfetta di chiese, murales, studi fotografici, botteghe da ‘resistenza post guerra’, Old Coffee con sedie in legno e bar da happy hour con divanetti in pelle bianca. E poi i vicoli, tanti e in salita, quindi salute a tutti. Malinconico e allegro, così come solo un quartiere tra il popolare e il bohemien può essere.

I punti panoramici più belli sono qui, il ristorante ‘da me’ dove a distanza di 3 mesi ho ribevuto la mia amata acqua Smeraldina è qui (Su Zilleri ‘e Su Doge – Osteria Del Doge, Via S. Croce 3), la salumeria che fa i panini più buoni è qui, insomma, se non si fosse capito è il mio quartiere eletto. Anche perché qui ho capito cosa ha portato David Herbert Lawrence a scrivere “è strana e piuttosto sorprendente, per nulla somigliante all’Italia. La città si ammucchia verso l’alto, quasi in miniatura, e mi fa pensare a Gerusalemme“.

Tra il Castello e il porto il quartiere Marina. Ieri i pescatori, oggi una di quelle belle mescolanze fusion: in sottofondo, tra trattorie sarde e kebabbari, sempre una santa Ichnusa. Il passaggio Ichnusa -> aperitivo è immediato, ancora di più se l’aperitivo in questione racchiude il mio personale senso della vita: lo street food e il fritto. La bella Via San Sepolcro e ‘Le patate&co.’, ovvero, tante, infinite, incommensurabili chips. Notare bene, niente vaschette di plastica con stecchini colorati da festa di seienni, ma l’emblema dello street food: il cartoccio. Love. No al surgelato, quindi patate tagliate e fritte al momento (in olio d’oliva)… felicità a meno di 3 euro.

Per il resto, assaggiate i culurgiones di Sa Domu Sarda (Via Sassari 51, vicino vicino l’hotel santificato per la questione Sky Sport), godetevi il mare dalla spiaggia del Poetto, prendetevi un caffè all’Antico Caffè (Piazza Costituzione 10/11) ed assecondate tutti i cagliaritani che vi parleranno delle ‘pizzette’ come l’ottava meraviglia del mondo. Io lo faccio da anni con i salentini e i rustici, si impara in fretta.


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