Jag är Zlatan Ibrahimović. Io sono Zlatan Ibrahimović. E voi chi cazzo siete? No, non siamo nello spogliatoio dell'Ajax all'alba del terzo millennio - anche perché questo leggendario siparietto non è mai effettivamente avvenuto - ma sugli scaffali di una qualsiasi libreria: l'uscita dell'autobiografia di Zlatan è imminente. Non chiedetemi di cosa si parli, perché non l'ho - ancora - letta, ma sui giornali non si parla d'altro che dell'odio viscerale nutrito dallo svedesone nei confronti di Pep Guardiola. La principale - forse unica - causa del suo fallimento in blaugrana, secondo Zlatan.
Che, va detto, era arrivato a Barcellona in cambio di Eto'o ed una vagonata di milioni: attendersi che tenesse i piedi per terra era quantomeno ardito, visto il caratterino del figlio di Rosengård. Smanioso com'era di metter le mani sulla Coppa dei Campioni giocando quello che lui stesso aveva definito «il calcio del 2015», Zlatan si sente dire che bisogna mantenere un profilo il più basso possibile. E lasciare il garage Ferrari e Porsche: sacrilegio!, pensa lui, che candidamente dichiara di aver toccato i 325 km/h al volante. Con la polizia alle calcagna, sia ben chiaro.
Poi, c'è Leo Messi. Il cocco della maestra, lo scolaretto - da 202 gol in 287 partite, al 4 novembre 2011 - che chiede di giocare centravanti: lì c'è Zlatan? Guardiola se ne infischia, e asseconda l'argentino che la butta dentro 34 volte (record personale) nella sola Liga. Il mondo si capovolge, per Ibra: non gira più tutto attorno a lui, gira tutto e basta. Attorno al pallone, agli avversari, alle invezioni di Xavi, le magie di Iniesta ed i gol di Messi. Non i suoi, che col tiqui-taca non c'entra assolutamente nulla. La butta dentro, per carità, anche se meno di un debuttante Pedro, ma sbaglia tanto, troppo, davanti alla porta e lontano da essa. Contro il Villarreal finisce in panchina, e Pep gli regala cinque minuti appena: «Mister!», «Sì?», «Vaffanculo».
Contorno dal sapore speciale, anzi, Special: «Sei senza coglioni, ti caghi addosso davanti a Mourinho. Rispetto a lui non vali un cazzo». Questo l'aggiunge Zlatan, io aggiungo che: Mourinho era stato «tradito» da Zlatan, fuggito in Spagna alla ricerca di un successo continentale che - a suo dire - l'Inter non avrebbe mai potuto garantirgli; lo stesso Mourinho, in quel fausto (per i tifosi interisti) 2009-10, fece fuori il Barça in semifinale di Champions League. Una volta rispedito al mittente - ovvero, la Serie A - il pacco-Ibrahimović, ecco di nuovo Pep e la sua classe di bravi scolaretti in cima all'Europa.
A conti fatti, quindi, è Zlatan quello che è tornato in Italia con la coda fra le gambe. Quelli lì, invece, sono ancora i più forti del globo. La filosofia di Guardiola paga, come confermato dagli scolaretti. Secchioni, forse, ma anche a Ibrahimović sarebbe convenuto studiare un - bel - po' di più.
Antonio Giusto
Fonte: Goal.com