CALCIO ITALIANO IN PAUROSO DECLINO - Le migliori squadre italiane non reggono il confronto con il calcio estero
Creato il 12 settembre 2011 da Ciro_pastore
La prima giornata di campionato ha dimostrato, se ancora ce ne fosse bisogno, che il ritardo complessivo dalle Regine d'Europa, in termini organizzativi e tecnici, sta diventando sempre più grande. Il gap, soprattutto dal punto di vista organizzativo, accumulato in questi anni si sta mostrando in tutta la sua pericolosa dimensione. Basti dire che, solo qualche giorno fa, abbiamo potuto assistere all’inaugurazione del primo stadio di proprietà. Non è un caso che sia stata la Juventus ad aver aperto questa strada. Lo stadio è l’elemento su cui fondare la forza e lo sviluppo, non solo economico, delle società leader. Possedere lo stadio è la prima pietra del fair play finanziario (FPF), bandiera politica su cui un ex juventino, Michel Platini, ha basato la sua carriera di dirigente del calcio europeo. Le società che si muovono secondo le regole del FPF si pongono come obiettivo la loro stabilità a lungo termine. L'obbligo per i club, il cui fatturato supera una certa soglia, di far quadrare i libri contabili o di raggiungere il pareggio di bilancio per un determinato periodo di tempo, significa in soldini che essi non potranno spendere più di quello che guadagnano. La fase attuativa, che durerà tre anni, contribuirà a promuovere gli investimenti a lungo termine - vivai e ammodernamento delle infrastrutture sportive - a scapito degli investimenti speculativi a breve termine. Cioè meno spese folli per acquisizione e stipendi di calciatori, più investimenti in infrastrutture patrimoniali. Le squadre italiane sono partite in ritardo, ma complice la crisi economica, ora qualcuno tenta di recuperare. La Juventus lo ha fatto puntando sullo stadio e sull’annesso indotto economico che esso genera. Merchandising e ricavi da altre fonti sono possibili, infatti, solo avendo una struttura economica solida e lo stadio rappresenta una posta patrimoniale decisiva. L’Inter lo sta facendo attraverso una politica serrata di dismissioni di giocatori con contratto alto, ricavandone per giunta preziose plusvalenze (vedi i casi Balottelli ed Eto’).In questo, il Napoli sconta un ritardo pericoloso. La sua politica di contenimento salariale, per ora la tiene nei vincoli stringenti del fair play finanziario. Conti tenuti in ordine anche grazie al continuo svenarsi derivante dall’altissima media spettatori/gara che ha contraddistinto gli anni della gestione De Laurentiis. Svenamento a cui i tifosi partenopei si sottopongono volentieri, ma che pare non possa avere ulteriori sensibili incrementi. La crisi economica generale imporrà ai tifosi scelte dolorose fra Champions e Campionato. Quindi, presumibilmente, gli incassi complessivi potranno aumentare solo per effetto di un più alto costo dei ticket per le notti europee casalinghe, sperando che siano più delle tre già garantite dalla partecipazione alla fase a girone.In una città che sconta più delle altre la crisi economica e dove è atavica l’incapacità della classe politica, non è pensabile dotarsi a breve di uno stadio degno delle Regine d’Europa. Inglesi, spagnoli e tedeschi hanno capito prima l’importanza dello stadio e su quella scelta hanno costruito buona parte delle attuali posizioni. Un dominio organizzativo che si riverbera, ovviamente, anche sulla situazione tecnica. La triste vicenda del contratto dei calciatori e la partenza di alcuni big del nostro calcio, ma soprattutto il mancato arrivo di pezzi da novanta, ha mostrato a tutti, qualora ce ne fosse bisogno, che il calcio italiano non appartiene più alla elite europea. Siamo scivolati nelle immediate retrovie in compagnia di Francia, Portogallo e Turchia. Forse siamo già alle spalle della Russia che, grazie alla spinta propulsiva degli ingenti introiti derivanti dalle risorse energetiche, sta facendo un balzo deciso fra le prime tre nazioni europee, calcisticamente parlando. Certo, per ora comprano, anche in maniera scriteriata a volte, campioni in fase calante o nuove leve ancora acerbe. Ma alla lunga, finiranno per aggiustare il tiro e cresceranno rapidamente, anche con l’aiuto di tecnici e manager italiani, attirati da guadagni ormai impossibili in patria.Dal punto di vista strettamente tecnico-tattico, la prima giornata ci ha mostrato una pericolosa involuzione del nostro calcio. Affascinati dalle ultime mode tattiche, molti tecnici nostrani e non, stanno provando a scimmiottare il Barcellona che, per sua intrinseca natura, pare decisamente inimitabile. DeLa ha provato a parlare di cantera napoletana, la scugnizzeria lui la chiama, ma poi compra a mani basse sul mercato sudamericano. Argentini ed uruguaiani sono a buon mercato e garantiscono un favorevole rapporto prezzo/prestazioni. Di giovani italiani nemmeno l’ombra, se non quelli che la UEFA obbliga ad inserire nella lista Champions. I pochi ragazzi napoletani emersi dalle giovanili, poi, vengono prontamente spediti a farsi le ossa nei campionati minori, dove spesso si perdono ancor prima di mostrare il loro reale valore. Così l’unico napoletano in squadra resta quel Paolo Cannavaro che pare abbia già ampiamente raggiunto il punto massimo della sua evoluzione tecnico-tattica. In una difesa a tre, il centrale deve essere un uomo dai piedi finissimi, e Paolone non è altro che un discreto manovale del pallone. Così, anche con una squadra senza punte, come il Cesena, abbiamo ballato paurosamente in difesa, e non solo sulle palle inattive. Aggiustati parzialmente con gli acquisti estivi, centrocampo ed attacco, la difesa resta ancora il punto debole di una squadra che poco si sa adattare tatticamente all’avversario. Già mercoledì a Manchester, purtroppo, contrapposti ad un attacco stellare, si vedranno tutti i limiti della fase difensiva. Ovviamente, ci sarà spazio per il contropiede micidiale di Lavezzi che speriamo trovi sollecita collaborazione in un Cavani che, da quando è diventato padre, pare aver smarrito la via del gol. Sarà colpa delle notti insonni, forse, ma senza il suo decisivo apporto realizzativo, questa squadra è destinata a fare un cammino breve in Champions.
Ciro Pastore – Il Signore degli Agnelli
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