Calcio popolare, i tifosi si riprendono il pallone

Creato il 21 aprile 2014 da Stefano Pagnozzi @StefPag82

Interessante articolo tratto da inchieste.repubblica.itsulle realtà del calcio italiano che ripartono dal basso, dalla passione della gente, contro il calcio moderno dei soldi, privo di passione.
di Emanuela Del Frate
Scandali, identità tradita, diritti tv che dettano legge: contro la dittatura del business, nascono in tutta Italia squadre autogestite per recuperare l’essenza dello sport più amato al mondoROMA - "C'ero io lì". Nonna Saveria riguadagna il suo posto. Accanto a lei, in un campo di calcio vicino alla stazione Tiburtina di Roma, la tribuna è piena di bandiere e fumogeni rosso-blu. A giocare è l'Atletico San Lorenzo, squadra di terza categoria Figc, pensata, finanziata e gestita, da un intero quartiere seguendo i principi di: rispetto, solidarietà, lealtà, aggregazione e trasparenza. Valori stabiliti in assemblea e su cui si sta creando una nuova identità condivisa. Una storia che ricorda quella del St. Pauli, squadra di Amburgo che appartiene ai suoi tifosi, famosi per essere i primi a portare istanze antinaziste negli stadi tedeschi, e indissolubilmente legata al quartiere che la ospita. Quello dell'Atletico non è un caso isolato: a pochi quartieri di distanza c'è anche l'Ardita San Paolo, nata tre anni fa grazie a un gruppo di amici in fuga dagli stadi di serie A. Esperienze che vanno riempendo di rumori e colori, i vari campionati dilettantistici italiani.
L'INCHIESTA UN ALTRO CALCIO È POSSIBILE
"Il campionato minore è sempre il migliore". Squadre costruite dal basso grazie a tifosi, attivisti dei movimenti, gruppi ultras. Non tutte si riconoscono nella definizione di "calcio popolare", ma hanno lo stesso modo di intendere questo sport come strumento di partecipazione e condivisione, di passioni così come di valori. "Avevano preso 99 goal e fatto 0 punti": l'amore della Curva Moana Pozzi per l'A. C. Lebowski è iniziato così, 10 anni fa a Firenze. "Non eravamo ultras", ricorda Francesco Guidi, dirigente-tifoso, ma un gruppo di amici 16enni che allo stadio si annoiava". Poi, nel 2010, il salto e la fondazione di una nuova squadra, il Centro Storico Lebowski, finanziato e gestito da una società che è "diretta emanazione della curva", ha un team juniores e uno amatoriale. Aggregazione e goliardia infatti, sono i punti cardine di questo progetto dove si preferisce parlare di "calcio minore", capace di creare nei campi di periferia veri e propri eventi seguiti anche da 1000 persone. "Molti di noi frequentano il Cpa (storico centro sociale fiorentino, ndr) antifascismo e antirazzismo sono nel nostro Dna, ma con il calcio non vogliamo rivendicare nessuna istanza politica o ideologica. Viviamo d'ironia, anche scomoda e dissacratoria, e la nostra curva è davvero trasversale, viene anche chi non ne sa nulla di calcio, solo perché con noi si diverte". La vera sfida per i ragazzi del Lebowski inizia adesso: appena promossi in prima categoria dovranno cercare la via giusta per rispondere alle esigenze burocratico-organizzative che comporta questo passaggio, senza tradire la loro idea di calcio.
VIDEO: "RIMPIANGO SOLO I 60MILA ALL'OLIMPICO"
Sfida alla Federcalcio. "La nostra squadra è nata per affrontare apertamente la Figc che rappresenta tutto il calcio verso cui siamo critici. Il calcio dell'eccessiva spettacolarizzazione, dei business milionari, che ha perso valori come uguaglianza e fratellanza": Andrea Ferreri (autore di 'Ultras, i ribelli del calcio'), presidente e giocatore dello Spartak Lecce, va dritto al punto. Con una proposta: "Creare una confederazione di squadre di calcio popolare per portare avanti con più forza le rivendicazioni in Figc". Per chiedere impegni concreti sui temi dell'antirazzismo e "visto che esistono vincoli in questo senso nel suo statuto, imporre che parte dei soldi incassati grazie alle nostre iscrizioni siano investiti nel sociale". Lo Spartak è una delle realtà più politicizzate: "Veniamo dall'antagonismo leccese, ma in noi confluisce anche lo spirito ultras e su questi campi stiamo ritrovando quella libertà che c'era negli stadi negli anni 80 e 90, riscoprendo quell'aura di religiosità che ha il calcio quando sono le passioni a vincere".
Il razzismo messo in fuorigioco. Un primo cambiamento in Figc è stato già ottenuto grazie a Gioco Anch'io la campagna promossa, con la Uisp, dalle palestre popolari e dalle squadre del progetto Sport alla Rovescia, come lo Spartak, la San Precario di Padova e la Konlassata di Ancona, nata proprio "per toccare con mano le problematiche legate ai migranti", come racconta Alessio Abram. Campagna nata a inizio 2012 e che a luglio ha ottenuto l'abrogazione dei commi 11 e 11 bis dell'art. 40 della Figc. "La norma", come ci dice l'avvocato Nicola Saccon, "nasce per contrastare il trafficking e, per questo, distingue tra giocatori che non hanno mai preso parte a campionati esteri e chi, invece, è già stato tesserato". 
Le problematiche nascevano proprio in quest'ultimo caso visto che alle società dilettantistiche era permesso di tesserare un solo giocatore straniero, senza alcun distinguo tra comunitari ed extracomunitari. "Con l'abolizione dei due commi è stata inserita questa distinzione. Ora non c'è nessun limite numerico per i comunitari, mentre sale a due per gli extracomunitari". Restano ancora tanti problemi per i migranti come quelli legati ai transfert internazionali, difficili da ottenere dalle federazioni di origine, specie se di paesi in guerra. L'abrogazione di questi commi ha, però, permesso a squadre multietniche come l'Afro-Napoli United d'iscriversi ai campionati Figc.
Conti in ordine con l'amministratore ultras. "Siamo ultras e come tali siamo criminalizzati ma, al contrario delle squadre di serie A, abbiamo un bilancio perfetto". Per il direttore del Brutium Cosenza, Christian Catanzaro, dimostrare che "un altro calcio è possibile" passa anche da un'onesta gestione societaria. La squadra è nata grazie all'impegno del gruppo antifascista e antirazzista della Curva Nord del Cosenza. In opposizione alle "continue misure repressive, alle scommesse e a tutto ciò che di sporco gira intorno al mondo del calcio". E per ritrovare nei campi di periferia, quella "passione che riempiva gli stadi 20 anni fa". Anche i ragazzi dell'Ideale Bari vengono dal mondo ultras e, anche loro per "disintossicarsi dal calcio moderno", hanno scelto la via dell'azionariato popolare perché, come dice Gianluca, "il tifoso è la parte pulita del calcio e la sua ingerenza garantisce che una società sia gestita in modo sano". Dichiaratamente apolitici, "sul campo c'è solo la bandiera dell'Ideale Bari", sono impegnati in iniziative come quella che li vede affiliati alla Fondazione Gabriele Sandri per eventi dedicati alla donazione di sangue.
VIDEO: ATLETICO SAN LORENZO, ORGOGLIO DI UN QUARTIERE
Autofinanziamento e azionariato popolare. Anche se iscritte ai campionati minori, le squadre di calcio nate dal basso si trovano ad affrontare spese e multe della Figc per fumogeni, tamburi, torce... Cene ed eventi di finanziamento sono alla base della loro economia. Tranne eccezioni come lo Spartak Lecce, fanno affidamento anche su contributi di negozianti e imprese e, soprattutto, sull'azionariato popolare, modello non nuovo su cui si basano grandi club europei come Barcellona, Real Madrid e Arsenal. E che, soprattutto, garantisce la partecipazione di tutti. A livello economico, grazie ai costi popolari delle quote associative, così come a livello organizzativo. Le decisioni si prendono in assemblee in cui la parola del presidente ha lo stesso valore di quella di ogni tifoso. Un punto importante per queste squadre nate in territori spesso difficili come quelli delle partenopee Lokomotiv FlegreaStella Rossa 2006, che è di casa a Scampia, e Quartograd, nata nel Comune di Quarto, da anni sciolto per infiltrazioni camorristiche e ancora gestito da commissari prefettizi.
I campi da gioco. Non ci sono impianti comunali disponibili; si gioca e ci si allena in campi gestiti da privati, è questo il leitmotiv tra le squadre di calcio popolari che vorrebbero riconosciuto il valore sociale del loro lavoro. Le spese per l'affitto dei campi in terra vanno, in media, dagli 8mila agli 11mila euro l'anno sostenuti dal Lebowski per ospitare tre squadre. Un vero problema per queste realtà che puntano a rendere economicamente accessibile lo sport. Come ha fatto la Konlassata con la scuola calcio Ancona Respect, realizzata grazie al sostegno dell'associazione di tifosi Sosteniamolancona e dei religiosi salesiani che forniscono i campi. Poche le eccezioni, come quella dello Spartak Lecce che usufruisce di una convenzione comunale, spendendo 25-30 euro ad allenamento, costretta, però, a giocare nel vicino comune di Merine. Storia a sé è quella del Quartograd che, dopo aver festeggiato con 2000 persone il passaggio in prima categoria, ha sostenuto una vera e propria battaglia per usufruire, a prezzi contenuti, dello stadio Giarrusso. "È una struttura comunale", racconta Giorgio Rollin, presidente della squadra e segretario dei locali Carc (Comitati di appoggio alla Resistenza Comunista), "data in gestione, alla Quarto Calcio". Fino a quando la squadra è stata sequestrata al patron Castrese Pagliarola, arrestato per affiliazione camorristica, e affidata all'associazione antiracket Sos Impresa che l'ha trasformata nella Nuova Quarto Calcio Per la Legalità, ereditando anche l'amministrazione dello stadio, dove è stata recentemente ospitata la Nazionale. "Il primo anno", continua Rollin, "lo abbiamo usato gratis, poi la Nuova Quarto ci ha chiesto 150 euro a partita e 110 ad allenamento", seguendo i prezzi della vecchia concessione. Il Quartograd è così sceso in campo con una mobilitazione, dai toni aspri, che ha "coinvolto anche parroci e assessori di altre città". "La cosa assurda - ricorda sempre Rollin - è che stavano discutendo di un accordo stretto tra un Comune sciolto per camorra e un boss che è ancora in prigione. Alla fine sono intervenuti i commissari prefettizi che hanno fatto un atto d'indirizzo alla Nuova Quarto in cui è stabilito un affitto più basso per squadre, come il Quartograd, di cui viene riconosciuto il fine sociale".
Fonte: Le Inchieste diRepubblica

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