Resoconto di Matthias Moretti da sportpopolare.it sull'assemblea nazionale del calcio popolare(qui dettagli) che si è svolta a Roma il 5 Gennaio, qui (VIDEO)Calciopopolare, non un fenomeno di quartiere ma una realtà nazionale.
Senza dubbio un tentativo riuscito, e non era affatto scontato. Anche perché non era certo la prima volta che le esperienze del calcio popolare tentavano di darsi momenti di incontro e discussione: dai campeggi estivi ad altre assemblee, negli ultimi anni era già stato possibile per alcune esperienze conoscersi tra loro, discutere e confrontarsi. Ma questa probabilmente è stata la prima volta in cui la discussione è andata a incidere nel vivo dei temi e delle problematiche che squadre di calcio autorganizzate si vivono quotidianamente. Si è insomma superata la dinamica un poʼ rituale (per quanto anchʼessa forse necessaria in un primo momento) del raccontarsi ognuno la propria storia e del ripetersi quanto progetti simili possano essere belli e importanti sia per costruire un calcio diverso che per interagire con il proprio territorio. Sembra in sostanza che questi punti preliminari siano finalmente assodati e si possano dare praticamente per scontati.
Il primo dato importante è quello della partecipazione: è ovvio che per vari motivi non è mai possibile esserci “tutti” - anche perché in un ambito fluido come quello del calcio popolare forse è impossibile stabilire quanti e quali siano questi “tutti” - ma stavolta si può dire che sia stata unʼassemblea “a vocazione maggioritaria”, nel senso che era effettivamente rappresentativa di quella che è la realtà attuale. Dalle società più vecchie a quelle appena nate, da coloro che hanno già ottenuto vittorie a chi ha appena realizzato i primi punti, da nord a (soprattutto) sud, dalla Figc ai campionati amatoriali, i contributi sono stati tanti, con almeno 60-70 persone che discutevano divise nei tre tavoli di lavoro, e forse qualcuna di meno alla plenaria finale. Anche la divisione della discussione in tre gruppi denota la volontà di scendere nello specifico e prendere di petto i temi, dinamica che i ragazzi della Spartak Lidense di Ostia, realtà ospitante negli spazi del centro sociale Auro e Marco, hanno favorito con una oculata gestione dei tempi e dei nodi tematici. Il primo tavolo ha affrontato le questioni più “burocratiche”: creazione di una ASD, tesseramenti, questione migranti, rapporti con le federazioni, campi da gioco. Temi che tornavano anche nella seconda discussione, affrontata però da un punto di vista finanziario, con lʼasse degli interventi ovviamente incentrato sul tema dellʼautofinanziamento e di tutti i suoi corollari, dagli sponsor “etici”, allʼeventualità di partecipare a bandi regionali o europei, allʼorganizzazione di tutta una serie di attività nel proprio territorio che oltre a finanziare la squadra permettano anche di costruire un rapporto sempre più virtuoso delle persone con il calcio. Fino ad arrivare al vero e proprio azionariato popolare, che però al momento, e solo nei casi più avanzati, riesce a coprire solo parte dei costi, ed è quindi un capitolo ancora tutto da esplorare. Il terzo tavolo verteva su tifosi e repressione: lʼesistenza di una tifoseria è una delle caratteristiche fondanti di questi progetti, e lʼaspetto potenzialmente dirompente è proprio quello per cui i tifosi sono, e resteranno per sempre, la vera anima della squadra, anche a livello concreto. Ciò comporta anche che, anche nei campionati di più basso livello, molte realtà inizino a ricevere le sgradite attenzioni degli apparati repressivi, situazione che inevitabilmente si aggraverà con il crescere di questi progetti nei prossimi anni. Meglio allora attrezzarsi da subito.
Insomma, lʼassemblea del 5 gennaio si può dire che sia stata quella in cui si è finalmente messa la carne al fuoco, ed è davvero tanta. Se già le tematiche sono numerose, la cosa si complica ancora di più con il fatto che il modo di affrontarle cambia da realtà a realtà, e non sempre ciò che è giusto ed efficace (o semplicemente possibile) in un luogo lo è anche altrove. Era dunque impensabile in un solo pomeriggio di discussione tornare a casa con chissà quali risposte. E infatti la risposta più giusta sta nel calendario dei prossimi mesi: tornare in campo a dare il meglio e nel frattempo riflettere su tutti gli stimoli usciti dallʼassemblea romana, elaborare pensieri e proposte per il prossimo appuntamento, ovvero una tre giorni da fare a Napoli a luglio, dove prendersi tutto il tempo necessario per scendere davvero nello specifico anche delle questioni più tecniche, e iniziare a tirar fuori risposte, consigli, campagne comuni o addirittura lotte che possano estendersi anche ad altre squadre, ad esempio sulla questione dei costi dʼaccesso agli impianti sportivi, una vera vergogna nazionale. Nelle intenzioni delle squadre campane che hanno lanciato la proposta cʼè quindi un serrato confronto che porti a dei risultati, se possibile anche a livello tecnico-tattico, facendo incontrare allenatori, medici, preparatori atletici, oltre ad approfondire i temi già toccati a Roma. E poi, ci mancherebbe, anche un torneo di calcio per coronare il tutto.
Lo spirito che sembra animare questo nascente percorso pare essere proprio questo: confrontarsi e consigliarsi, ascoltare molto, apprendere. Il calcio popolare in Italia è talmente giovane da doversi ancora inventare tutto, e lʼassemblea ne è stata la lampante dimostrazione. Non è quindi il momento di chiusure identitarie, di mettere paletti o di scrivere Costituzioni, cʼè semplicemente tanto da riflettere e da discutere su come diventare davvero un modello vincente, in tutti i sensi. E in così tanti si riflette sicuramente meglio che da soli.