«Ma perché, insisto, - scrive Gillo Dorfles nel trascrivere una faticosa intervista fatta a Andy Warhol qualche anno prima della sua morte - questa sua maschera di impermeabilità?
“Preferisco restare un mistero. Non mi piace mai parlare del mio retroscena (background) e comunque lo cambio ogni volta che mi viene chiesto. Non è che faccia parte della mia immagine di non raccontare tutto. Soltanto dimentico quello che ho detto il giorno prima e mi tocca ricostruire ogni volta tutto da capo”.»1Andy Warhol forse era affetto di un disturbo della memoria a breve termine, come Leonard Shelby il personaggio del film ’Memento’ di Christopher Nolan che è costretto a fidarsi dei suoi appunti scritti su post-it, ai bordi delle foto polaroid o sul proprio corpo per vendicarsi di John G., presunto stupratore della moglie e artefice dell’incidente che ha provocato il suo disturbo. Una disperata folle ricostruzione quotidiana della propria vita che lo porterà ad essere manipolato da chi pensa lo stia aiutando e ad uccidere le persone sbagliate e che, in un attimo di lucida disperazione, pensa: «Come posso guarire se non riesco a sentire il tempo?»Perdere la memoria significa perdere il senso del tempo. Geoff Manaugh definisce la mancanza di nozione storica ‘ciclo di amnesia’: «Inoltre, se diamo uno sguardo rapido a qualche blog di architettura, un elemento tipico che troviamo dappertutto è rappresentato da quei gruppi di lettori ingenui che non hanno alcun senso della storia e continuano a riscoprire l’acqua calda, promuovendo con entusiasmo concetti o idee che sono state pensate, discusse e rigettate per buone ragioni decenni e decenni fa. La cosa peggiore in questi cicli di amnesia è che si ha la sensazione che il pensiero architettonico non possa mai progredire, ma che sia condannato a ripetere se stesso perpetuamente.»
I cicli di amnesia, nelle vicende del pensiero dell’architettura, hanno un duplice aspetto: il primo è l’ingenuità, di cui parla Manaugh; il secondo comprende scritti, architetture, disegni trascurati dalla cultura generalista sia accademica che di settore.Per recuperare qualche smemoratezza, ho deciso di aprire una nuova intersezione che si chiamerà ‘Calendario’ dove rieditare in digitale alcuni pensieri che, o per amnesia ingenua o culturale, abbiamo trascurato.Calendario ospiterà citazioni di pensieri, disegni o architetture trascurate, dimenticate, difficili da reperire o per indole naturale di questo blog idee e utopie distanti dal mio o nostro punto di vista. Le intersezioni non avranno titolo ma di volta riporteranno la data dello scritto. Rileggere i pensieri, soprattutto quelli dimenticati, ci aiuta ad osservare meglio la realtà evitando di parlare a vuoto di intuizioni già analizzate da altri; ci fa riconoscere la paternità d’idee che utilizziamo spesso inconsapevolmente; ci permette di elaborare connessioni; ci evita di non creare confusioni e soprattutto di non idealizzare un passato mai vissuto o mitizzare architetture mai abitate.
COMMENTA__________________________________________1 Gillo Dorfles, La moda della moda, costa&nolan, Ancona-Milano, 1984, p. 90