Senza esprimere dubbi sulla buonafede prestata dagli amministratori di allora - che poi sono, in gran parte, gli stessi di oggi -affidando l’incarico di una così delicata questione ad una ditta che era già ampliamente nota come pericolosa sotto diversi aspetti (io, comune mortale, sapevo chi o cosa fosse la Calepio e a quali rischi il Comune si stava esponendo; non si capisce come anch’essi non ne fossero a conoscenza), poniamo che si sia trattato di una svista o, meglio, di un caso di non applicazione della richiesta “diligenza del buon padre di famiglia”.
Ad ogni modo direi che c’è davvero poco da celebrare e di cui essere fieri. La fine della vicenda e il rientro in possesso delle aree interessate dopo tanti, tantissimi anni, per quanto fatto estremamente positivo, somiglia molto alla storiella quell’uomo che voleva aggiustare un tubo ma lo ruppe allagando tutta casa. Dopo un lungo e maldestro lavoro alla fine riuscì a turare la falla e a fermare il flusso d’acqua. E andava così in giro per casa con la chiave inglese in mano a vantarsi del successo che era convinto di avere ottenuto camminando con l’acqua sopra al ginocchio. Quell’uomo dovette fare i conti, però, con la moglie inviperita. In questo caso pare che non si arrabbi nessuno…
Luca Craia