Californium - Recensione

Creato il 07 marzo 2016 da Lightman

Un surreale omaggio al pensiero e alla vita di Philip K. Dick: Californium è un racconto interattivo molto affascinante sul fronte concettuale e artistico, un po' meno su quello ludico e narrativo.

Versione analizzata: PC

Giuseppe Arace ha iniziato a venerare i videogiochi e il cinema quando, a soli 4 anni, è rimasto folgorato dalla schermata d'avvio del Sega Mega Drive e dai titoli di testa di Toy Story. Nato con un pad tra le braccia, vorrebbe morire con un Oscar. Non ama molto i social network e bazzica raramente solo su Google Plus.

Prima ancora di divenire un videogioco a tutti gli effetti, Californium è nato come una sorta di tributo digitale ad uno degli scrittori più influenti del ventesimo secolo: Philip Kindred Dick, noto in particolar modo per opere di matrice fantascientifica e cyberpunk. Nella nostra precedente anteprima avevamo sostenuto che questo racconto interattivo realizzato da Darjeeling e Nova Productions (strenui fautori di un'idea di gaming intesa come espressione artistica ed intellettuale) si ispirasse non tanto alle visioni futuristiche dell'autore, quanto alle esperienze extrasensoriali che hanno dominato i suoi ultimi anni di vita, convogliate nella cosiddetta "trilogia di VALIS". In essa, in sostanza, Dick radicalizzò la propria concezione della realtà, sperimentando suggestioni mistiche e filosofiche sulla vera essenza del divino e sulla natura del mondo. E invece ci sbagliavamo: Californium, nella sua versione finale, si è rivelato una vera e propria enciclopedia virtuale dell'intera carriera letteraria di Dick. Misticismo, esoterismo, religiosità controversa, distopie futuribili, schizofrenia paranoide, sfasamenti temporali: sono solo alcuni dei temi riassunti in un videogioco che si presenta nelle librerie di Steam e GOG come un accorato atto d'amore nei confronti di un autore che ha condizionato con prepotenza l'immaginario collettivo. Il risultato - lo diciamo subito - è un titolo che ci sentiamo di consigliare principalmente agli appassionati del grande scrittore del novecento, in grado di cogliere le infinite citazioni di cui è infarcita la produzione.

UN OSCURO SCRUTARE

Elvin Green è un romanziere di successo la cui vita, pezzo dopo pezzo, inizia a frantumarsi: è attanagliato da un costante blocco creativo, sua moglie Thea decide di lasciarlo con un biglietto posto sotto l'uscio di casa, e persino il suo editore inizia a considerare l'ipotesi di troncare ogni rapporto lavorativo. In fondo, Elvin è oramai "uno scrittore che non scrive". Non è inopportuno, dopo queste brevi premesse narrative, scorgere chiari rimandi alle vicende biografiche di Dick, in particolar modo alla dolorosa separazione dalla quarta moglie Nancy, che lo spinse in un vizioso abisso di perdizione, aggravato dall'abuso di anfetamine e dalla sua paranoia autodistruttiva. Anche Elvin, ben presto, inizia ad essere disturbato da strane visioni, connesse ad un messaggio inviatogli da una ignota entità onnisciente che comunica con lui attraverso la televisione: la realtà inizia così a contorcersi, aprendo squarci verso dimensioni alternative. Si tratta solamente delle fantasticherie di una mente disillusa, che cerca una via di fuga da una realtà mediocre, oppure l'epifania di una conoscenza superiore? Questo dualismo conoscitivo non è estraneo alle ideologie di Dick. A titolo d'esempio ricordiamo un saggio del 1977, " Se vi pare che questo mondo sia brutto, dovreste vederne qualche altro", in cui lo scrittore ipotizzava l'esistenza di diversi "presenti" simultanei, che si alternerebbero costantemente, impercettibili da tutti i sensi umani tranne che dal subconscio. Un'ambivalenza che impatta non solo la percezione dell'ambiente di gioco, ma anche quella del gameplay. Californium, a differenza di tanti altri congeneri fortemente story-driven, non è un titolo in cui si agisce in modo del tutto passivo: al giocatore viene chiesto, infatti, di scovare, all'interno dei luoghi esplorabili, un peculiare simbolo circolare che apre le porte ad una nuova dimensione temporale. Guidati da una voce fuori campo, nella quale è facilmente identificabile una metafora del ruolo dello scrittore/narratore come demiurgo che manipola e gestisce le sue creazioni letterarie, dovremo allora aguzzare la vista per cercare un dettaglio rivelatore, una sorta di interruttore per accedere a realtà alternative. Di questo nostro "oscuro scrutare" consiste il solo e unico scopo del gioco. Inizieremo il tour de force allucinogeno nel disordinato appartamento di Elvin: l'interazione con gli elementi dello scenario è praticamente assente ed il solo indizio che avremo per trovare i simboli nascosti sarà un glitch grafico che indica una sovrapposizione di dimensioni. Un vaso tremolante, libri che appaiono e scompaiono, luci che s'accendono d'improvviso: sono tutti segnali della presenza di una frattura nel tessuto dimensionale. Se sulle prime può sembrare un'attività molto semplicistica e lineare, ben presto ci accorgeremo che non tutti i glitch sono individuabili con facilità. Alcuni sono legati, infatti, ad un fattore "posizionale" e si attivano soltanto se compiremo determinate azioni e ci fermeremo in uno specifico punto dell'ambiente. Dopo aver azionato tutti gli interruttori nell'appartamento, inoltre, si apriranno le porte di una piccola area sandbox, che comprende una stradina delimitata da barriere invisibili e una manciata di interni visitabili, tra i quali anche una tavola calda. I simboli inizieranno così a celarsi sia nel panorama cittadino sia nei luoghi al chiuso, rendendo la loro ricerca un po' più problematica. All'interno dei negozi e lungo la strada principale incontreremo anche dei personaggi non giocanti, sotto forma di sagome bidimensionali, statiche e monoespressive, il cui aspetto quasi sardonico incrementa una sensazione d'inquietante straniamento. Iniziare una conversazione con gli NPC aiuta a delineare meglio sia il contesto in cui ci muoveremo sia la narrativa del gioco, che spazia attraverso diverse realtà e linee temporali.

Quella di Californium è una storia profondamente "letteraria", che vive di contaminazioni palesi e palpabili dai romanzi di Dick. L'influenza della filosofia dello scrittore interessa tutti i campi della storyline, dal design della scenografia alle battute di dialogo. È un omaggio "grande" e "piccolo" allo stesso tempo. "Grande" perché è facile notare la cura con cui ogni minuto elemento scenico è stato scelto e posizionato; "piccolo" perché, purtroppo, Californium è anche un gioco molto breve, completabile in a malapena due ore: la volontà di coniugare la ricchissima e complicata narrazione ambientale coi molteplici riferimenti alle opere di Dick, tentando al contempo di delineare al meglio la deviata psicologia del protagonista, dà vita ad un pot-pourri non sempre sufficientemente esaustivo. Qualcosa, insomma, viene sacrificato, e a risentirne maggiormente è il peso della storia e l'impatto dei suoi spunti di riflessione. Molta della materia alla quale Dick ha dedicato tanti anni della sua vita è condensata del resto in un insieme sì affascinante nella sua lisergica follia, ma non abbastanza corposo per dar spazio a tutti gli stimoli creativi.

Com'era facile da prevedere, i richiami più evidenti ai romanzi dello scrittore si scorgono soprattutto nella ricercata direzione artistica di Californium, alla quale ha contribuito l'illustratore francese Olivier Bonhomme, col suo tocco psichedelico e col suo amabile stile avantpop. L'appeal visivo, pregno di surrealismo e di colori vividi e sgargianti, rappresenta sicuramente l'aspetto migliore di questo viaggio fantasmagorico. La complessità poligonale e il livello del cell shading non sono certo all'avanguardia, ma vengono sufficientemente compensati da buone soluzioni estetiche: una efficace trasfigurazione videoludica dell'immaginario letterario intessuto da Dick, che prende forma lungo i quattro brevi capitoli del gioco, ognuno caratterizzato da un suo specifico cromatismo e stile architettonico. Berkeley, la cittadina in cui si ambienta Californium, viene difatti inquadrata in diverse epoche temporali: dagli anni '70, coi floreali furgoncini hippie e le muscle car, fino al marziano futuro ipertecnologico, passando per una distopia politica in cui troneggia una statua di Abramo Lincoln. Nonostante gli sforzi per diversificare il design a seconda del periodo storico, tuttavia, il fatto che l'intera vicenda si svolga in un solo, minuscolo quartiere attenua inevitabilmente l'impatto di alcuni scorci. Infine, non sono mancati bug piuttosto gravi che, interferendo con gli script, non attivavano l'evento previsto dalla sceneggiatura ed impedivano in tal modo l'avanzamento. Fortuna allora che quantomeno sul fronte sonoro la qualità sia indiscutibile, con un doppiaggio semplicemente eccellente (ma la lingua italiana non è contemplata, nemmeno per i sottotitoli) e con una perfetta soundtrack capace di creare un' atmosfera irreale, ovattata ed allucinata.

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