di Margherita Nanetti ROMA - Fu Anna Maria Franzoni - e non puo' essere stato nessun altro in base alla ''prova logica'' e alla verita' emersa dalla studio dei tracciati del sangue - ad uccidere, con ''razionale lucidita' '' il figlioletto Samuele di tre anni e due mesi, la mattina del 30 gennaio 2002, dopo che Davide il figlio piu' grande era uscito di casa e l'aspettava per prendere lo scuolabus. Forse un ''capriccio'' del bimbo ha scatenato la reazione della madre.E' questa la ricostruzione del delitto di Cogne fatta dalla Cassazione nelle 50 pagine di motivazione in base alla quale, il 21 maggio 2008, ha confermato la condanna a 16 anni di reclusione (30 in primo grado) emessa il 27 aprile 2007 dalla Corte di Assise di Appello di Torino. Quella mattina - secondo la Suprema Corte, che ha sposato in pieno le conclusioni dei giudici di merito - Anna Maria indossava i pantaloni del pigiama e la casacca al contrario, con gli zoccoli ai piedi. Il crimine e' avvenuto qualche minuto prima delle otto e sedici minuti, quando la donna raggiunge il primogenito. La casa e' rimasta vuota solo per otto minuti: troppo pochi perche' uno sconosciuto entri in casa indossi il pigiama, colpisca furiosamente, e si rivesta dileguandosi. Almeno 17 colpi di un utensile a manico lungo, forse di rame, sono stati inferti al piccolo che si e' difeso proteggendosi con le manine. E' rimasto agonizzante almeno cinque minuti o forse addirittura 17, mentre la madre cancellava le tracce della sua colpa e preparava gia' la linea di difesa. Non senza contraddizioni e bugie. ATTENZIONE MEDIA VOLUTA DA FRANZONI NON LE HA NUOCIUTO - L'ampia ''attenzione mediatica'' rivolta al processo di Cogne e' stata in ''larga parte ricercata, propiziata ed utilizzata dalla stessa Franzoni'' e mai i riflettori la hanno danneggiata. Anzi, i media hanno prodotto ''l'esaustivita' delle indagini espletate''. DELITTO COMPIUTO CON RAZIONALE LUCIDITA' - Nessuno stato di coscienza alterato offuscava la Franzoni mentre colpiva Samuele e la donna e' ''pienamente imputabile''. Infatti ha compiuto ''atti preordinati alla propria difesa, primo dei quali l'eliminazione o la ripulitura dell'arma del delitto''. Gesti interpretabili come ''sintomo di non interrotto contatto con la realta' e inalterata coscienza nonche' di razionale lucidita'''. IL MOVENTE, UN CAPRICCIO DI SAMUELE - ''L'assenza di sicuri elementi di prova circa le ragioni che innescarono la condotta dell'imputata non ha consentito di formulare ipotesi, supponendosi che la donna abbia reagito a qualche capriccio del bambino ed abbia agito in preda ad uno stato passionale momentaneo''. La Franzoni nutriva (ingiustificate) preoccupazioni per la crescita di Samuele, pensava che avesse la testa grossa. NIENTE SCONTI PER EFFERATEZZA CRIMINE - La mamma di Samuele non merita ulteriori riduzioni di pena, si e' gia' tenuto conto della concessione delle attenuanti per il suo stato d'ansia ma la ''natura del reato'' e ''le modalita' particolarmente efferate del gesto criminoso (numero e violenza dei colpi, almeno 17, reiterati nonostante il tentativo di difesa compiuto dalla vittima, testimoniato dalle lesioni riscontrate sulla sua mano sinistra)'' non lasciano spazio ad ulteriore clemenza
Da: Torino Oggi
31 Marzo 2014
Torino: Cogne bis, accusò il vicino dell’omicidio del figlio, prescritto reato Franzoni
La Corte d'Appello di Torino ha dichiarato non perseguibile, sempre per l'avvenuta prescrizione, Eric Durst, consulente della difesa nel processo Cogne accusato di avere falsificato le prove nel corso del procedimento. I magistrati hanno disposto il rinvio degli atti alla procura per un altro consulente della difesa, Enrico Manfredi, adducendo che l'archiviazione disposta nei suoi confronti è stata errata.
Anche nei suoi confronti, in ogni caso, sono scaduti i termini per la prescrizione dell'eventuale reato. La Franzoni, che sta scontando 16 anni di carcere per l'omicidio del figlio, ora spera di ottenere la detenzione domiciliare dopo essere stata ammessa a un lavoro esterno in una coop sociale. Oggi non era presente in aula. Diritto La prescrizione, quindi, determinando l’estinzione non solo della pena ma del reato stesso, priva il giudice penale del motivo fondante l'esercizio della sua giurisdizione. Nonostante ciò, il legislatore ha introdotto talune eccezioni in vista di esigenze di tutela dei diritti fondamentali della persona oggetto di lesioni patrimoniali e non, in seguito alla commissione dei reati. In particolare, ai sensi dell’art. 578 c.p.p., nella ricorrenza di talune condizioni, l’attività processuale penale potrà spiegare i suoi effetti nonostante l’evenienza di una causa estintiva del reato; tali condizioni sono: una pronuncia di una condanna in primo grado e la presenza in giudizio della parte civile. La giurisprudenza di legittimità ha costantemente sostenuto la necessità della ricorrenza di entrambe le suindicate condizioni, dichiarando che è illegittima la condanna dell'imputato al risarcimento dei danni in favore della parte civile pronunciata, in appello, come effetto della declaratoria di sopravvenuta estinzione del reato per prescrizione con la quale il giudice di secondo grado abbia riformato, su impugnazione del Pubblico Ministero, la sentenza di assoluzione di primo grado, in quanto la decisione sulle restituzioni e sul risarcimento del danno può essere adottata solo nel caso in cui, nel precedente grado di giudizio, sia stata affermata, con la sentenza di condanna, la responsabilità dell'imputato (Cass., Sez. 5, 11 marzo 2005 - 27 aprile 2005, n. 15640, CED 232133). L'istituto disciplinato dall'art. 578 c.p.p. ha, invero, la finalità di evitare, quando vi sia stata condanna dell'imputato in primo grado e si verifichi l'estinzione del reato per prescrizione o per amnistia in grado di appello, che, in assenza di una impugnazione della parte civile, il capo della sentenza relativo alla azione risarcitoria acquisti efficacia di giudicato. In tale ipotesi, afferma la Consulta, il giudice dell'appello, nel prendere atto di una causa estintiva del reato verificatasi nelle more del giudizio di secondo grado, è comunque tenuto a pronunciarsi sull'azione civile.