In questi mesi in cui ho curato poco questo mio spazio nel web, sono accadute molte cose. Altre, meno importanti e imponenti rispetto alla morte di mia madre. Come se la Vita, rimasta sotto traccia, avesse deciso comunque di continuare a scorrere anche contro il mio parere. O il mio volere. Che me ne stupisco a fare. E' naturale che sia così. Solo che, quando sei così profondamente addolorato, non ti sembra possibile che il mondo continui a girare. Pian piano, però, la Vita torna a chiamarti a sé, reclamando la tua attenzione anche sulle questioni più banali, sulla quotidianità. E, così, da un giorno all'altro mi sono ritrovata a pensare anche ad altre cose. Il pensiero di mia madre è sempre presente. Tutti i giorni. Ma non più tutto il giorno. Non so se esserne sollevata o dolermene. Questo mio essere "normale", questa consapevolezza di un percorso di elaborazione del lutto comune a tutti, in fondo è anche confortante. E non sminuisce, certo, la "specialità", l'unicità della mia sofferenza. Perché non ho mai conosciuto una cosa così privata e intima come il dolore. A dispetto del suo essere, poi, universalmente condivisibile e comprensibile. Filosofia. Volevo scrivere di altro, ma la tastiera mi ha portata di nuovo a questo punto. E temo di diventare come quelle persone che in ogni discorso riescono a mettere in mezzo l'evento per loro più traumatico. Non le ho mai sopportate. E mi stupisco del mio scivolare continuamente verso questo stereotipo. Eppure comprendo la portata degli eventi cruciali della vita. I cambiamenti che sono in grado di determinare. La consapevolezza di non poter tornare ad essere quella di prima. Pur volendo. Pur provandoci.
Più che la morte, bisogna accettare di essere cambiati. Definitivamente.
Sarà per questo che anche il tornare a vecchie questioni ha il sapore di una rincorsa verso un "prima" che si immaginava più felice.
Ho ripreso i contatti mai interrotti con mr Big. Un paio di mesi fa mi ha chiesto a bruciapelo di andare da lui. Il giorno prima per il giorno dopo. Ex abrupto, mentre parlavamo d'altro. Non mi è stato possibile organizzarmi. Nè, invero, mi sono sbattuta più di tanto per capire come raggiungerlo (da questo punto di vista, l'Italia dei tagli ai treni renderebbe qualsiasi amorazzo estremamente romantico e disperato). Dentro di me c'era anche la voglia di non precipitarmi da lui, dopo tre anni di silenzio, al suo primo fischio. Non per orgoglio. O, meglio, non solo per quello. Andare da lui... per precipitare di nuovo in una storia senza futuro, ché i suoi problemi sono sempre lì dove li avevo lasciati, non mi è sembrata una gran genialata. Tuttavia, una conclusione a questa storia bisognava pure darla. Il mio amico B mi ha detto che potrebbero esserci due esiti da questo incontro: O questo amore si concretizza, o scopro che lui è davvero il fantasma di Canterville e che, per tre anni, ho amato un'idea, un'immagine, una proiezione del mio disperato bisogno di amarlo. Ho deciso di metterlo alla prova e di vedere se la sua proposta di rivederci sarebbe giunta di nuovo. Così è stato. La scorsa settimana ha fatto di nuovo un passo verso di me. E io, per rispetto a una promessa fatta a me stessa, ho deciso di dare seguito a questo incontro. Ancora non ho stabilito la data, il modo, il tempo. Sono già lì col pensiero eppure sono anche altrove. Proiettata verso la conclusione di una fase della mia vita che ha avuto troppi alti e bassi. Di fronte a una nuova possibilità di cambiamento. Che non avviene mai se non per eventi traumatici ed emotivamente sconquassanti. Una resa dei conti in cui questi tre anni acquisteranno un senso. O lo perderanno per sempre. I miei sentimenti sono sempre lì, integri e intatti. Ma tanta acqua è passata sotto i ponti, almeno quanti sono gli uomini di cui ho parlato in questo blog. Strana unità di misura per scandire un tempo che passa portandosi via sensazioni, storie, vite intere di emozioni per poi farmi trovare di nuovo qui, nel punto esatto in cui tutto è iniziato. Era ottobre la prima e unica volta in cui ci siamo visti. Sarà ancora ottobre per questa ultima volta. Un mese, per me, particolarmente significativo, tra il compleanno di mia madre e i ricordi dei nostri viaggi insieme che avvenivano sempre in questo periodo. Mi sento come sospesa a un sottile filo invisibile. Il che, con il mio peso, non è proprio il massimo della sicurezza. Cadrò, ne sono certa, per non restare aggrappata a qualcosa di così precario e fragile.
Forse sono solo in cerca di una fine qualsiasi. Perchè dopo ogni fine, c'è sempre un nuovo inizio...
Articolo originale di Federica Rossi per Poco sex e niente city.
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