Cambogia, finiti i soldi per il Tribunale dei Khmer Rouge

Creato il 03 febbraio 2012 da Cren

Paese strano la Cambogia dove una delle pagine più lette sui giornali è il Police Blotter dove sono raccontati i crimini più efferati della settimana e dove, insieme a Real Estate e assicurazioni, c’è anche una specie di magazine dedicato alle ONG.

Strano anche chi lo governa, l’ex Khmer Rouge, Hun Sen che, dopo aver stroncato o comprato, l’opposizione dichiara già la sicura rielezione alle prossime elezioni del 2013, un mandato già lungo 10 anni. L’opposizione frastornata o comprata resiste solo in nel discusso Sam Rainsy, in esilio a Parigi che parla di elezioni “predeterminate” . Amici, ex Khmer Rouge, famigliari sono stati piazzati ovunque in una feroce spartizione di potere, terra e industrie. Uno di questi, il suo consigliere e magnate Na Marady, ha fatto sparare sui contadini di Kratie che protestavano per l’ennesimo furto di terra, oltre 9000 ettari (incluse fattorie e case) di campi coltivati a Cassava. Qui documenti relativi alle proprietà sono stati tutti distrutti dai Khmer Rouge e il più forte (e ammanigliato) può approfittarne. Problemi, più che altro internazionali, per Hun Sen che è riuscito a creare un sistema di potere simile a Singapore che, almeno per una parte della popolazione, sta portando ricchezza.

L’imbarazzo nasce perché la Cambogia è presidente di turno dell’ASEAN e sta cercando un posto nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e riceve montagne d’aiuti internazionali (malgrado gli stessi donatori, ogni tanto, critichino la democrazia imperfetta creata da Hun). Fra poco, si spera, la Birmania finirà di essere la bestia nera dei diritti umani dei paesi asiatici e il rischio che lo diventi la Cambogia.

In questa situazione si sta preparando un’altra lite fra il focoso primo ministro e le Nazioni Unite (spesso accusate di ingerenza negli affari interni) se i 300 dipendenti cambogiani del Tribunale (Khmer Rouge Tribunal -KTR) continueranno a sfilare per chiedere gli stipendi non pagati, tanto più che i 180 espatriati continuano a prendere i loro soldi. I donatori internazionali che in base a un interpretazione dubbia del trattato di costituzione del Tribunale hanno finora pagato volontariamente sono stanchi e, forse, si rendono conto che, dopo aver speso oltre USD 150 milioni in meno di sei anni, ciò vale 50 milioni per ognuno degli ottuagenari imputati. Insomma, forse, soldi che potevano essere spesi meglio nelle campagne della Cambogia.

 Sul processo abbiamo già scritto e il ruolo del Tribunale internazionale appare, come sempre accade in queste circostanze, inutile e schiacciato fra le esigenze di propaganda e la realtà, cioè che molti dei co-responsabili di eccidi sono stati riciclati in posti di governo.


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