Camerun: tra terrorismo e affarismo, le fragilità di uno Stato

Creato il 01 marzo 2016 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
La crescente instabilità nell'Africa occidentale impone una seria riflessione sulle modalità di espressione del fenomeno terrorismo e sulla sua reale capacità, nel lungo periodo, di proporsi come sistema di governo alternativo, seppur di piccole realtà. É il caso del Nord-Est nigeriano e del Camerun, oggi visto dalle organizzazioni terroriste come luogo, non solo di conquista ideologica, ma dove convogliare e gestire i traffici illeciti. Una chiave di lettura che ben fa comprendere come terrorismo, traffici illeciti e nuove forme di governo non statuali, in Africa presentino logiche e sviluppi del tutto particolari con i quali ci si dovrà confrontare per i prossimi decenni.

Il Camerun è lo Stato che forse meglio sintetizza i diversi aspetti culturali dell'Africa; la sua composizione è una finestra sulla storia e sull'evoluzione delle società che l'hanno abitata. Cristianesimo, Islam e Animismo, che qui conta ancora il 40% della popolazione, hanno convissuto in una calma relativa determinando una composizione sociale capace di vivere nel confronto e nella reciprocità.

Tuttavia, nell'ultimo decennio, la progressiva instabilità regionale che attanaglia tutto il West Africa, ha colpito anche il Camerun. La vicinanza della Nigeria ed il processo di radicalizzazione di un Islam, un tempo in Africa assai moderato, hanno fatto in modo che storici equilibri culturali fossero definitivamente compromessi. Inoltre, i flussi migratori che attraversano l'Africa verso Nord e le ondate di profughi che dallo Stato nigeriano del Borno e dal Ciad si riversano entro i confini del Camerun concorrono a disegnare un quadro decisamente preoccupante. In questo contesto operano gruppi criminali, signori della guerra ed organizzazioni jihadiste che sempre più sono presenti nelle aree di confine, porose e mal governate dagli Stati che vi dovrebbero esercitare la loro sovranità.

I territori di confine del Camerun con Nigeria e Ciad sono contraddistinti da mesi da attacchi terroristici e instabilità. Il paese africano è inoltre divenuto una "terra di mezzo" nella quale sono attivi gruppi dediti a numerosi traffici illeciti.

Ne sono una prova i recenti attentati che hanno colpito il Camerun al confine con la Nigeria; nonostante le azioni violente dei gruppi jihadisti non siano una novità, oggi è molto preoccupante il trend e le modalità con le quali queste vengono condotte. L'area a Nord del Camerun, una lingua di terra che si insinua tra i confini nigeriani della regione del Borno e, a Est, quelli del Ciad, sembra oggi rappresentare una priorità, tanto da diventare terra di conquista da parte dei gruppi jihadisti legati a Boko Haram1 e Jama'atu Ansarul Muslimina fi Biladis Sudan2, meglio conosciuto come
Se le origini e l'agenda politica di Boko Haram, organizzazione jihadista nigeriana, sono tragicamente note, è necessario meglio definire il ruolo di Ansaru che, da sempre, opera all'interno dei confini camerunensi. Nato nel 2012, il gruppo jihadista è formato da scissionisti di Boko Haram e probabilmente anche da reduci provenienti dalle fila di Al Qaeda nel Maghreb Islamico che cerca di introdurre la propria agenda di jihad globale nel West Africa. Da allora molto è cambiato ed alle prime operazioni di Ansaru, incentrate principalmente sui sequestri a scopo di estorsione di cittadini occidentali, sono seguite delle politiche d'azione che lo hanno visto stringere, complici interessi comuni nell'area, un'alleanza con Boko Haram.

In questo contesto di collaborazione rientrerebbero le azioni terroristiche, messe a segno nella provincia di Maroua ed altri villaggi della regione di frontiera del Camerun 3 negli ultimi mesi; questi episodi fanno ben comprendere come la predetta area sia diventata una priorità per i gruppi jihadisti guidati da Boko Haram il cui obiettivo è, evidentemente, quello di dar corso ad una progressiva espansione finalizzata ad un successivo posizionamento nella regione Nord del Camerun, un vero e proprio ponte geografico tra Nigeria, Ciad e resto dell'Africa "nera". L'impiego del terrore in Camerun sembra dunque rispondere ad una scelta strategica che si proietta oltre i "classici" concetti ideologici del jihad e che tende, piuttosto, ad abbracciare gli interessi economici che corrono sulle rotte della direttrice Sahel - centro Africa. È qui, nel Nord del Camerun, che il traffico di armi 4, il contrabbando di diamanti 5 e la tratta di esseri umani 6 converge da e per la Nigeria, Ciad e Repubblica Centrafricana da dove poi si diramano ulteriormente.

In questa ottica il Camerun è una terra di mezzo che, svuotata dai suoi contenuti socio-culturali, diventa un hub di traffici illeciti di ogni genere, una tappa fondamentale che assume un ruolo irrinunciabile nella geopolitica del crimine e del terrore. Queste dinamiche richiedono un sistema di gestione che non può prescindere dal controllo del territorio e dell'esercizio di una certa influenza sulle popolazioni che lo abitano; un processo a cui i gruppi jihadisti danno corso secondo una sequenza lenta ma sapiente: dopo una prima fase connotata principalmente da una abile gestione del terrore, il gruppo terrorista, ormai uscito dalla clandestinità, cerca di acquisire un minimo di consenso sociale. Il miglior modo per farlo è inserirsi nei contesti tribali/clanici, contraendo matrimoni e occupando, nella rete logistica dei traffici illeciti, le giovani generazioni dei poveri villaggi di frontiera che in questo modo beneficiano di una vera e propria economia. Siamo davanti ad un sistema integrato: aspetti sociali, radicalismo religioso e affarismo divengono aspetti complementari di una nuova tendenza del terrorismo, votata alla costituzione di una forma di governo, illegittima, localizzata ma assolutamente reale.

Premesso questo ben si comprende come il Camerun stia attraversando una fase di assoluta criticità; il pericolo jihadista, avvertito da almeno cinque anni ma evidentemente sottovalutato, sarà sempre più forte e radicato in una parte della società civile residente nelle zone di frontiera. Una situazione fuori controllo che non è soltanto dovuta alla forza dell'internazionale del terrore guidata da Boko Haram, ma anche all'inesperienza dei poteri statali che non sono stati capaci di fronteggiare una situazione ormai sfuggita di mano. La risposta delle autorità camerunensi, tutt'altro che adeguata dal punto di vista militare e di polizia, in determinati contesti non ha fatto altro che alimentare ulteriori dissapori tra gli abitanti di queste zone di frontiera, per anni dimenticate, e lo Stato centrale; si pensi a quanto accaduto lo scorso mese di dicembre quando la polizia ha aperto il fuoco, in modo indiscriminato, uccidendo settanta civili erroneamente ritenuti dei militanti di Boko Haram7. Un episodio grave che oltre a ben rappresentare uno stato di confusione e inadeguatezza da parte del governo centrale, permette ai gruppi jihadisti, già radicati nell'area, di acquisire ulteriore consenso sociale in determinate fasce della popolazione.

Il maggiore problema per il futuro del Camerun è rappresentato dalla graduale perdita di legittimità dello Stato a favore di gruppi terroristici, che attirano in particolare i giovani. L'arco d'instabilità che contraddistingue il Nord Africa potrebbe dunque estendersi al Camerun e all'Africa occidentale in generale.

Il recente intervento statunitense in Camerun attraverso AFRICOM 8, il comando operazioni statunitense per l'Africa, e l'invio di truppe camerunensi al confine nigeriano sembrano aver rallentato l'avanzata jihadista, ma appare assai improbabile che questa potrà essere fermata. Le zone di confine sono particolarmente strategiche, perché per Boko Haram ed i gruppi ad esso affiliati è importante assumere il controllo di queste aree ed è assai poco probabile che essi abbiano un reale interesse a condurre azioni altrove. Anche se ciò fosse vero, le azioni militari di contrasto del governo camerunense sarebbero rese difficoltose da un territorio impervio e, di fatto, impossibile da controllare; lo Stato deve prestare attenzione, oltre alla presenza militare di Boko Haram, anche al fenomeno della radicalizzazione delle popolazioni che quelle zone le abitano.

Il timore è che in Camerun possa definirsi una tendenza che, nel lungo periodo, porterà lo Stato centrale non solo a perdere, quasi completamente, il controllo su determinate aree ma anche, ed è questo il vero problema, legittimità e consenso popolare. È questo il motivo per cui ad una pur necessaria e decisa risposta militare è indispensabile affiancare politiche sociali che siano capaci di porsi come reali alternative alla propaganda jihadista; una seria politica sociale costituirebbe il più valido strumento di contrapposizione ad un terrorismo che, sempre più, attrae le giovani generazioni.

Il Camerun si sta dunque incamminando verso una stagione di profonda instabilità, verso un punto di non ritorno? Quanto accade oggi è certamente l'effetto di un nuovo corso delle dinamiche africane ma anche il frutto di una miopia politica. il Camerun potrebbe entrar presto a far parte di quell'arco d'instabilità che si sta estendendo e che renderà il continente africano sempre più critico per i prossimi decenni. Un'ulteriore sfida per la Comunità Internazionale che, in un mondo sempre più interdipendente, per relazioni e ricadute, non può sottrarsi alla sua responsabilità.