Camille Claudel: tra genio e amor negato

Da Bambolediavole @BamboleDiavole

Si dice che la genialità vada spesso a braccetto con la follia. Ma il genio di Camille Claudel, una delle più grandi scultrici a cavallo tra l’800 e il ‘900 ha qualcosa di incommensurabile se rapportato alla sua instabilità mentale. È la storia di una donna dall’animo vivace e dalle mani sapienti, che fin dalla tenera età, sanno plasmare corpi di bronzo e di marmo, con una forza che non si addice ad una ragazzina di 14 anni. Camille nasce a Fères-en-Tardenois, piccola città dell’Aisne, in Francia, l’8 dicembre del 1864, lo stesso giorno del compleanno della madre Louise-AthanaiseCerveaux. Solamente un anno prima, la madre perse il suo primogenito, vissuto solo 15 giorni. Un figlio che Camille non riuscirà mai a sostituire. Nel 1881 il padre, l’unico della famiglia attratto dal suo talento, le permette di recarsi a Parigi per studiare le arti all’Accademia Colarossi. Suo maestro sarà Alfred Boucher, sostituito poi da Auguste Rodin. Le sue prime opere saranno La veille Hélène e Paul à treize ans. Di Rodin diventerà presto musa ed amante fin dai tempi del suo praticantato nel suo atelier. È un amore impossibile e tormentato, perché Rodin, molto più vecchio di lei, ha già una relazione con Rose Beuret, sua coetanea e addirittura un figlio di un anno più piccolo di Camille. L’amore di Camille è invece totale: parte della testa, dal cuore e si protende dalle sue mani, così abili, che quando ella crea, ci riesce difficile distinguere l’allieva dal maestro. Sono anni aspri, intrisi da una passione totale per Rodin, che ingloba tutta la sua sofferenza trasmutandosi poi nell’opera L’Age mûr. Camille cerca di scappare da quest’impasse e dal 1890 al 1894, realizza le opere La Valse e La petite châtelaine. Ma la rottura definitiva avverrà nel 1898 e l’amore per Rodin si tinge di uno stato paranoide ormai costante. S’installa al numero 19 di quai Bourbon e prosegue la sua attività artistica in solitudine, sostenuta dai critici come Octave Mirbeau, Mathias Morhardt, Louis Vauxcelles. Eugène Bilot organizza due grandi esposizioni, sperando in un beneficio morale e finanziario per Camille. La critica è elogiante, ma lei è già troppo malata per essere confortata. Dopo il 1905 lo stato psichico e paranoico della scultrice si accentuano: è convinta (forse a ragione) che Rodin rubi le sue opere per farle sue. Vive barricate in casa: le finestre chiuse con le catene, trappole in ogni dove; in uno stato di disordine e sporcizia incredibili, circondata dai gatti e dalle sue opere che produrrà con ingegno feroce. Si allontana dal mondo e dalla realtà: Camille è già altrove. Arriva persino a distruggere parte dei suoi lavori:

È così che faccio quando mi arriva qualcosa di sgradevole: prendo il mio martello e spappolo una scultura”

Quando suo padre, suo unico sostenitore e protettore, muore nel 1913, verrà fatta internare dalla madre e dal fratello Paul (che ormai è diventato uno scrittore famoso), a Ville-Evrard. A causa della guerra, verrà trasferita a Montfavet, vicino ad Avignone. Le motivazioni saranno riassunte in “uno stato di agitazione intellettuale con manie di persecuzione”. La madre si ostinerà affinché venga interdita qualsiasi visita dal mondo esterno e che nessuna corrispondenza sia a lei indirizzata. Ella stessa non le recherà mai visita. Camille è sequestrata, nonostante a più riprese, i medici auspicheranno il rientro nel mondo esterno, non ritenendone più opportuna l’ulteriore ospedalizzazione. Scriverà alla madre e al fratello manifestando il desiderio di essere riammessa in casa. Ma non sa o non immagina ancora, che proprio loro sono gli artefici del suo internamento.

Morirà 30 anni più tardi, nella completa solitudine, reclamando la sua innocenza, ma civilmente e artisticamente è già morta il giorno del suo ricovero. Perirà di fame, in un ospedale pubblico francese il 19 ottobre del 1943, mentre la Seconda Guerra Mondiale impazza, facendo precipitare lo stato di deperimento fisico e morale dell’Europa. Nessuno dei suoi familiari assisterà alle sue spoglie.

Le sue opere hanno oggi ritrovato il loro spazio e la loro magnificenza nel Museo Rodin.

La decisione del Consiglio Costituzionale del 26 novembre 2010 suona come un omaggio postumo a Camille Claudel e annulla l’articolo 337 del Codice della Sanità Pubblica: oramai, l‘ospedalizzazione di una persona che si trovi in uno stato di malattia mentale non può essere mantenuto per più di quindici giorni senza l’intervento dell’ordine giudiziario.