Camillo Langone vs Emma Bonino: uno a zero

Creato il 13 giugno 2012 da Uccronline

La nota firma de Il Foglio, Camillo Langone, si è interessato qualche giorno fa nella sua rubrica quotidiana (detta “Preghiera”), della lettera inviata da dieci attori a sostegno della nomina della leader radicale Emma Bonino a presidente della Repubblica.

«Dieci noti attori (Castellitto, Gassman iunior, Girone, Papaleo, Solfrizzi, eccetera) hanno scritto una lettera per Emma Bonino presidente. L’italiano dell’appello pubblicato dal Corriere è pessimo (Gassman senior ne sarebbe rimasto disgustato) ma il ragionamento non è altrettanto balordo», scrive Langone. «La politica pannelliana meriterebbe il Quirinale siccome il suo profilo è “perfetto per rappresentare l’immagine della nostra gente del mondo”. In effetti la paladina dell’aborto e delle pillole infanticide è perfetta per rappresentare in modo finalmente non ipocrita gli italiani, uno dei popoli più vecchi e meno fecondi del pianeta, un popolo di nemici dei bambini composto da datori di lavoro che spingono le dipendenti a usare gli anticoncezionali e da padroni di casa che non affittano alle famiglie. E’ proprio “una bellissima opportunità”, come dicono i firmatari: solo Emma Bonino può impersonare con così grande coerenza l’autobiografia e l’eutanasia della nazione».

La Bonino è perfetta come bandiera dell’ipocrisia, definita “paladina della libertà e dell’autodeterminazione della persona” mentre sostiene che «in Italia c’è una malattia contagiosa, una epidemia rapida che si chiama obiezione di coscienza». Definita “paladina dell’anti politica e dell’anti finanziamento ai partiti” mentre è leader di un partito che da vent’anni intasca i soldi dei contribuenti nei modi più disparati.

La riflessione dell’opinionista dunque non fa una piega. Occorre osservare inoltre -come ha fatto ottimamente Giuliano Ferrara- che i sostenitori della Bonino insistono sul fatto che -secondo i sondaggi- «due italiani su tre la vorrebbero al Quirinale, al governo la vorrebbero, ovunque la vorrebbero». Peccato che, alla prova dei fatti, l’unica volta che avrebbero dovuto votarla davvero, cioè in occasione delle elezioni del 2010, la regione Lazio l’abbiano data a qualcun’altra. Figuriamoci il Quirinale!


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