in passato, quando andavo a Milano, mi spostavo sempre in metropolitana. credo che un problema diffuso quando si è in una città che non si conosce sia quella della percezione delle distanze e così pensavo che andare dal punto A al punto B a piedi richiedesse tempi di percorrenza improponibili. poi, grazie ad alcuni amici incontrati sul posto, ho rivisto la scala delle distanze e quindi venerdì scorso ho pensato a un itinerario circolare da fare a piedi. tra l'altro camminare mi piace anche perchè in questo modo noto cose che altrimenti mi sfuggirebbero. sbarcata in stazione, mi sono recata subito presso un ufficio dove dovevo chiedere informazioni a proposito di una cosa che devo fare prossimamente; ho trovato una persona molto gentile e disponibile che mi ha dato informazioni e consigli, cosa della quale le sono molto grata. da lì mi sono poi avviata nella direzione opposta e sono arrivata da Poporoya all'ora giusta per pranzare: forse un po' presto per i milanesi, ma io avevo già abbastanza fame.
Poporoya è uno di quei posti dove desideravo andare da tempo; in realtà ci avevo già provato una volta anni fa, ma l'avevo trovato chiuso. devo dire che non mi aspettavo un locale così piccino! presa da un terribile imbarazzo della scelta davanti al ricco menù, ho finito per ordinare il solito sushi misto, concedendomi però di assaggiare degli ottimi gyouza e chiudendo in gloria con un grosso daifuku, il tutto annaffiato da mezzo litro di birra Asahi. pensando al ritorno, ho anche preso i crackers di riso della foto di apertura da sgranocchiare sul treno.
mentre transitavo da lì alla tappa successiva, sono capitata davanti a una libreria di libri d'importazione in lingua inglese e ho pensato di farci un salto perchè ero alla ricerca di regali. malgrado l'ampia scelta, o forse proprio a causa di quella, non ho trovato nulla di adatto, ma in compenso mi sono presa dei bellissimi quaderni, oltre ad aver lasciato il cuore su almeno due volumi di fotografie.cammina cammina, sono arrivata al Museo di Storia Naturale per visitare la mostra di Yann Arthus-Bertrand
"la Terra vista dal cielo".le foto dall'alto mi sono sempre piaciute, oltretutto Arthus-Bertrand si è andato a scegliere posti quasi tutti meravigliosi, di conseguenza questa mostra l'ho trovata fantastica. ad ogni foto era abbinata una descrizione esauriente sia del soggetto ripreso, sia delle problematiche ambientali ad esso connesso, perchè la filosofia della mostra era sulla linea di quella di Salgado, ovvero: mostrare la bellezza del nostro pianeta e lanciare un grido di allarme. difatti sono uscita con la convinzione che c'è poco da stare allegri. l'accurata visita della mostra richiedeva un po' di riposo per la mia schiena, ma ovviamente a quel punto si era rimesso a piovere e quindi non ho potuto approfittare delle panchine del parco. ho ripiegato su di un bar poco distante, dove mi sono presa una sorta di ice-coffee e ho subìto, mio malgrado, le sparate razziste di un cliente arrogante. a quel punto urgeva una decisione: la tappa successiva sarebbe stata poco distante, ma a quell'ora era ancora chiusa; per quella dopo ancora c'era mezz'ora di strada, però se dopo avessi voluto tornare indietro, la storia si sarebbe allungata troppo, allora ho deciso di prendere la metro, anche perchè la pioggia era aumentata. scesa davanti al Castello Sforzesco, mi sono incamminata verso la Triennale, dove ho visto giusto l'esposizione delle
icone del design italiano ed ho passato parecchio tempo nel fornitissimo book-shop dove ho finalmente trovato i regali che cercavo.