Camminare, Passo dopo Passo

Da Lara
Passo dopo passo  Camminare

Dalla questione ambientale alla cronicizzazione e all'aumento delle malattie... la soluzione a problemi complessi è spesso semplice. 

Camminare "oltre che un aiuto alle diverse forme di vita del pianeta di fronte alla drammatica situazione attuale è probabilmente anche la più grande medicina per il corpo, per la mente e per lo spirito".

di Valerio Pignatta - 8 Luglio 2011


Camminare è un'attività fisica, ma anche un'esperienza profondamente emozionale - Mi può indicare il cammino da prendere per uscire da qui?
- Questo dipende in gran parte dal luogo dove vuole andare - rispose il Gatto.
- Non mi preoccupa granché il luogo... - disse Alice.
- In tal caso poco importa il cammino. - dichiarò il Gatto.
- ... Basta arrivare da qualche parte. - aggiunse Alice per spiegare.
- Oh! - disse il Gatto. - Puoi essere certa di arrivare se cammini per un tempo sufficientemente lungo
.
Lewis Carroll, da Alice nel paese delle meraviglie
 Due tra i più grandi problemi che l'umanità si trova ad affrontare oggi sono il cambiamento climatico, con conseguente perdita drammatica della biodiversità, e il crollo sistematico, a partire dalle società occidentali ma in rapida espansione in ogni tipo di comunità, della forza e capacità di difesa del sistema immunitario dell'organismo stesso con conseguente cronicizzazione e aumento di varie patologie come diabete, obesità, malattie cardiovascolari, cancro, artrite reumatoide ecc.  Una delle cause tra le più determinanti di questa situazione va sicuramente rintracciata nel comportamento umano quotidiano, o perlomeno di buona parte dell'umanità. Questo comportamento (in rapida espansione anch'esso dall'Occidente al resto del mondo) prevede la focalizzazione del senso dell'esistenza sul ciclo produttivo e consumistico, l'esaurimento delle risorse del pianeta per il conseguimento di tale illusorio paradiso materiale e la degenerazione alimentare e dello stile di vita
In una sorta di 'maialitudine' progressiva andiamo alla ricerca dell'emozione perduta di appagamento e di serenità esistenziale che abbiamo barattato per un vassoio di pasticcini e un carrello di oggetti di plastica colorata con cui riempire le nostre case-loculo dove trasciniamo i nostri giorni tra un ipnotico divano-televisivo e un venefico frigorifero.
Come spesso accade in questa realtà, talvolta la soluzione di problemi complessi è semplice, anche se la difficoltà viene poi sempre dal riuscire a metterla in pratica superando i vincoli del piano materiale e i propri attaccamenti e convinzioni errate o indotte. Una delle possibili varianti di elevato livello tecnico-scientifico che potrebbe contribuire a un mondo e a degli individui più felici e leggeri per il pianeta è... camminare.
Se questo è vero e facilmente immaginabile dal punto di vista ecologico lo è ancor più dal punto di vista salutistico
Paul Higgins, professore dell'American Association for the Advancement of Science, ha ad esempio calcolato nel 2007 che se tutti gli statunitensi di età compresa tra i 10 e i 74 anni camminassero almeno mezz'ora al giorno si potrebbe avere un risparmio di emissioni USA di CO2 pari a 64 milioni di tonnellate. Con lo smaltimento abbinato di 1,5 miliardi di chili superflui... Che per un popolo sempre più obeso e acciaccato come gli statunitensi sarebbe un bel risultato, sia in termini medici che di risparmio economico per il servizio sanitario e di sofferenza per pazienti e familiari.

Ma camminare non implica solo questo.  Camminare, oltre che un aiuto alle diverse forme di vita del pianeta di fronte alla drammatica situazione attuale è probabilmente anche la più grande medicina per il corpo, per la mente e per lo spirito.
Camminare è un'attività fisica, ma anche un'esperienza profondamente emozionale
In un certo senso è un ritorno alle origini. Uno dei pochi movimenti che possiamo ancora sperimentare rivivendo l'atavico nostro vagare sulle lande del pianeta a un ritmo a noi consono che lascia spazio al fluire dei pensieri e all'osservazione contemplativa. 
Anche quando il cammino non porta da nessuna parte, non è motivato da una meta, non perde di dignità e neanche di senso
Fare una passeggiata, ancora oggi, non ha bisogno di una spiegazione di utilità e questo, nel nostro mondo, ha del miracoloso. Credo infatti che il camminare sia una delle poche attività umane cui viene riconosciuto questo privilegio di nobiltà. Almeno sino ad ora. 
La proiezione nel prossimo futuro è ovviamente tragica. Chi cammina in alcuni non-luoghi come nei pressi di tangenziali, centri commerciali, svincoli stradali ecc. è visto con diffidenza, con dubbio.  Chi cammina è l'immigrato, il mendicante, il disturbato mentale, l'eccentrico. C'è sicuramente in atto un tentativo di ghettizzare il cammino e gli ultimi camminatori a determinati settori del territorio.  ..........................
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Il cammino che vive e che ti fa rivivere è quello alla ricerca di rarefazione: di case, di uomini, di pensieri, di segnali della 'civiltà' metropolitana. 
È un cammino che ricerca tempi e ritmi propri e rallentati, un cammino che mira in ultima analisi al ritrovamento atavico della libertà umana, alla reintegrazione con il movimento costante dell'assoluto.
Questo tipo di cammino ha solide basi storiche nel mondo spirituale
Come dice una studiosa del francescanesimo, Chiara Frugoni, i primi francescani si votavano a una vita di povertà e peregrinazione in assoluta consapevolezza nell'intento di divenire "spiritualmente immuni dalla sete di dominio e di possesso, dalla violenza, dai desideri diventati bisogni, dalle costrizioni della vita quotidiana. La povertà volontaria [era] libertà fisica - costringe[va] a camminare e camminare - ma soprattutto libertà mentale: permette[va] di ascoltare davvero le parole del Vangelo, di amare senza riserve.

Camminare ci riporta alle radici della nostra esperienza sulla terra Camminare ci riporta alle radici della nostra esperienza sulla terra. Come diceva Bruce Chatwin, l'uomo, quando ha smesso di camminare, ha manomesso la chimica del cervello umano. Se la nostra irrequietezza è solo il frutto del mancato soddisfacimento del bisogno biologico di camminare è ovvio che rimanendo sostanzialmente stanziali (anche chi viaggia molto in aereo è in questo senso più o meno 'stanziale'; ossia vaga da una poltrona, di casa o d'ufficio, all'altra, d'aereo) entriamo in uno stato di sofferenza e stress. Questa, secondo Chatwin, è la motivazione per cui gli stanziali hanno talvolta identificato Dio con il vino, l'hashish o un fungo allucinogeno. Le droghe in pratica sono veicoli illusori per chi ha rimosso l'attività del camminare nel mondo reale.
Infatti, David Le Breton, uno degli studiosi che più ha centrato il 
senso di questo movimento psicocorporeo sottolinea che: 
“Camminare significa aprirsi al mondo. L’atto del camminare riporta l’uomo alla coscienza felice della propria esistenza, immerge in una forma attiva di meditazione che sollecita la piena partecipazione dei sensi. È un’esperienza che talvolta ci muta, rendendoci più inclini a godere del tempo che non a sottometterci alla fretta che governa la vita degli uomini del nostro tempo"
Uomini e donne che hanno sempre più difficoltà a trovare tempo per se stessi. A stare semplicemente con se stessi, a guardare un bosco, a realizzare di non essere necessari e allo stesso tempo unici. Camminare (senza uso di strumenti tecnologici, come il telefono cellulare, che ci strappano al nostro presente) è probabilmente uno dei metodi più potenti in grado di armonizzare mente, corpo e spirito, sempre più dislocati su piani diversi e non comunicanti tra loro.  Il tentativo di ritrovare un'unione integrale dell'essere anche se di pochi sfuggevoli istanti passa attraverso questa semplice attività alla portata di quasi tutti noi.
E nei tratti di cammino che viene effettuato in silenzio credo si possa ascoltare proprio tutto, anche la coscienza che sussurra. Nel silenzio ci sono tutte le parole e intere lingue. Il linguaggio del passo è come quello degli occhi: comunica senza dire. E quella comunicazione richiede il nostro ascolto.
Camminare ti obbliga ad abbracciare un'ottica di eliminazione del superfluo e ad entrare più direttamente nel cuore delle cose Camminare ti obbliga poi anche ad abbracciare un'ottica di eliminazione del superfluo (che non puoi portare con te a lungo) e ad entrare più direttamente nel cuore delle cose. Non è la vita vista attraverso lo 'schermo' del finestrino dell'auto o del treno (o della tv) ma ci sei proprio dentro, allo stesso livello del terreno, lo calpesti, lo senti, senti gli odori, il vento, i piccoli rumori della natura, vedi il passaggio delle nubi nel cielo, quello stesso cielo che stai attraversando con il tuo corpo. Non stai fuggendo veloce, come nel fine settimana verso il mare. Stai appropriandoti senza possederlo del mondo in cui sei immerso. Puoi respirarlo letteralmente e ascoltare il tuo respiro che ti comunica che sei vivo, in movimento attraverso l'esistenza. E sei leggero, non invadi, non distruggi, non uccidi, non inquini. Un amico di tutte le creature. Non investirai mai un riccio o un tasso. Al limite incontrerai caprioli e volpi e vi starete a guardare alcuni eterni secondi di reciproca comprensione. In quel momento c'è lo scollamento dalla pesante consapevolezza della condizione umana. Lì accade il miracolo della presenza nell'attimo e si diviene leggeri. Non c'è più l'angoscia latente dello sforzo di comprendere il mondo ostile che ci circonda perché, come ha colto ancora Le Breton, “camminare riduce l'immensità del mondo alle dimensioni del corpo”. È una scoperta che può essere inebriante per chi non vi è abituato ma che in ogni caso ogni volta si rinnova perché “camminare è un metodo per calarsi nel mondo, per compenetrarsi della natura, per mettersi in contatto con un universo che rimane inaccessibile alle normali modalità di conoscenza e di percezione. Con il proseguire del cammino, il viaggiatore allarga lo sguardo sul mondo, immerge il suo corpo in una nuova condizione.
“Camminare è un metodo per calarsi nel mondo, per compenetrarsi della natura"
E questa nuova condizione ha varie sfaccettature, alcune delle quali sorprendenti. Un giornalista francese in pensione, Bernard Ollivier, che ha effettuato vari lunghi viaggi e peregrinazioni a piedi sino in Asia ha dato vita nel 2000 alla Fondazione Seuil  che si occupa di aiutare i giovani carcerati a ritrovare un proprio equilibrio e a ricominciare su altre basi attraverso l'esperienza di un lungo cammino a piedi di un paio di migliaia di chilometri di sentieri e strade europee, zaino in spalla.
Due giovani alla volta accompagnati da un operatore volontario trascorrono in questo modo alcuni mesi in piena libertà attraverso paesi e campagne sconosciute alla ricerca di valori e riflessioni prima inesplorate. Il training è stato riconosciuto dai giudici francesi come valida alternativa al carcere per i giovani di età compresa tra i sedici e i diciotto anni.
Camminare quindi è un'attività che di per sé agisce sul valore morale dell'individuo. Per camminare occorre abbassarsi al livello degli altri uomini e animali e scrollarsi di dosso eventuali sentimenti di superbia o di odio che spingono a guardare dall'alto al basso chi ti sta intorno, specie se sei partito svantaggiato in questa esistenza come accade per tanti di questi ragazzi. E anche questo è un meccanismo psicologico antico come l'uomo: "[...] perché è invariata nei millenni l'aspirazione a servirsi il meno possibile delle gambe: c'è una rivincita atavica e archetipica nei confronti delle divinità arroganti, alla fonte di tanto odio per il camminare. Non soltanto per ragioni pratiche, per accorciare le distanze, per viaggiare più comodi.
Spostarsi a cavallo e in groppa ad altri animali, poi in carrozze o baldacchini, conferiva una posizione più elevata, pur se effimera, ai vecchi, agli ammalati e financo alle partorienti, pur sempre di nobile lignaggio. Consolidò status symbol, alimentò invidie ed efferatezze, se qualcuno fu persino disposto - come sappiamo - a barattare il suo regno per un destriero. I pochi santi che in seguito decisero di abbandonare ogni ricchezza, non per nulla, con un gesto esemplare immortalato in tante immagini, scesero dalle loro cavalcature. Si incamminarono... ". E per tutti questi e altri motivi è giunto quindi il tempo di incamminarsi. "Per chi cammina, la coscienza della propria vulnerabilità è un incentivo alla prudenza e alla disponibilità verso gli altri, invece che alla conquista e al disprezzo".  Oggi il disprezzo nei confronti del pianeta e dei nostri simili più sfortunati ha raggiunto un limite insopportabile. E il nostro spirito è diviso. In un unico semplice gesto possiamo contribuire a migliorare il nostro destino, sia collettivo che individuale.
 Per le Note bibliografiche,rimando al link Su Il Cambiamento
Camminare

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