Camp Hell è un film insolito, soprattutto se si considera che è una produzione (minore) statunitense del 2010.
Siamo in un campo estivo gestito dalla Chiesa cattolica. Quelli che, più o meno, in Italia vengono organizzati ogni anno da Comunione e Liberazione o da associazioni simili. Ragazzi e ragazze di famiglie particolarmente timorate di Dio vengono spediti in queste comunità, solitamente simili a campeggi, dove degli ameni educatori alternano canti religiosi, preghiere mattutine e giochi oratoriali. Il tutto seguendo una rigida divisione tra i sessi: maschi da una parte, femmine dall'altra.
All'austero ma carismatico prete che coordina il campo narrato in questo film è affidato l'indottrinamento morale del ragazzi. Ovviamente si tratta di una rigida educazione a base di castità e rinuncia a tutto ciò che sembri vagamente anarchico o sovversivo, compresi i fumetti, la musica rock e i vestiti troppo appariscenti.
Thomas è uno dei ragazzi più promettenti della comunità, tanto che il sacerdote di Camp Hope (questo è il nome del campeggio) intende capire se può potenzialmente essere già pronto per entrare in seminario. Peccato solo che i sogni di Thomas siano tormentati da visioni demoniache, da presenze che sembrano uscire direttamente dalla Divina Commedia, il libro preferito del ragazzo. Non solo: il giovane è anche attratto dalla bella Melissa, una coetanea del campo femminile, che ha preso una cotta per lui. Proprio dopo aver “fornicato” di nascosto con lei, a Camp Hope sembra scatenarsi la furia del demonio.
Okay, descritto così sembra essere un film sulla scia de L'esorcista o simili. In realtà Camp Hell è un thriller psicologico che per i primi quaranta minuti funziona davvero bene, soprattutto considerando che è un film prodotto per la televisione. L'intento del regista (George VanBuskirk) è quello di criticare l'estremismo di un certo tipo di integralismo cattolico-cristiano, che alla fin dei conti non pare diverso da quello islamico. Forse VanBuskirk esagera nella caratterizzazione fanatica degli educatori di Camp Hope, ma il ritratto psicologico dei giovani affidati alle loro cure è molto azzeccato e stranamente realista, trattandosi di una pellicola americana.
Il fattore soprannaturale, se c'è, è lasciato all'interpretazione dello spettatore. Ciò che si scatena nel campeggio è frutto delle allucinazioni di Thomas, oppure il ragazzo ha effettivamente attirato qualche potere oscuro sulla comunità?
Al di là del valore intrinseco del film, che comunque è di certo superiore alla sufficienza, esso suscita domande piuttosto inquietanti.
Il nostro è un paese cattolico, forse IL più cattolico dell'Occidente, insieme alla Spagna (che comunque ha subito un processo di laicizzazione non indifferente). Da generazioni molti genitori affidano l'educazione dei figli a educatori e sacerdoti, vuoi per comodità, vuoi per non avere i ragazzi tra i piedi durante l'estate. In molti casi gli oratori, i campi di preghiera etc etc rappresentano esperienze piuttosto tranquille, senza alcuna pressione particolare sulle giovani menti di chi vi partecipa. Certo, i preti tirano l'acqua al loro mulino, e alla fine è anche giusto. Fin quando si tratta di preparare i ragazzi ai sacramenti e ai valori cristiani, ci può anche stare. Poi ciascuno, crescendo, farà le sue scelte.
Ma che succede se ci si trova davanti il fanatico di turno? Inutile negare che esiste una particolare falange di educatori e sacerdoti fermamente convinta di dover crescere le nuove leve con insegnamenti che, a occhi esterni e razionali, sembrano del tutto contro natura.
Trovo deleterio inculcare nei ragazzi l'idea che il sesso sia il male, così come la masturbazione, il divertimento, la musica, i fumetti, i romanzi. Mi chiedo – ma forse questo è un mio limite da “quasi ateo” – quale genere di adulti possano nascere da un'adolescenza improntata sulla rinuncia e sul sacrificio totale. Sull'inibizione degli impulsi basilari dell'essere umano: il contatto fisico, la sessualità, la curiosità intellettuale.
Purtroppo mi è capitato di conoscere un paio di questi integralisti. Il ricordo che ho di loro è alquanto inquietante. Nell'episodio più recente, che risale a più di dieci anni fa, un educatore laico (non un prete, per capirci), mi fece sorbire un pistolotto assurdo solo perché mi aveva visto leggere un romanzo di fantascienza (credo si trattasse di Hyperion), tra l'altro non certo in oratorio, che non ho mai frequentato, bensì in un contesto molto più urbano. Per una decina di minuti abbondanti cercò di convincermi sul fatto che l'unico libro degno di essere letto sia la Bibbia, mentre tutti gli altri “deviano l'uomo dal cammino verso la serenità spirituale”. La cosa più impressionante, che ricordo alla perfezione, era l'assoluta impermeabilità del tizio in questione a ogni genere di pacata replica da parte del sottoscritto. Sua era la Verità, punto e basta.
Sapendo che, ogni estate, molti ragazzini vengono affidati anche a persone del genere, non posso che farmi più di una domanda. Non per ultimo mi chiedo quanto i genitori sappiano del genere di educazione che viene talvolta esercitata in questi contesti.
Io, per fortuna, ho evitato estremismi e, in linea di massima, esperienze comunitarie di questo genere. Viceversa come avrei risposto, nella malleabilità dei miei 12, 13 o 14 anni?
La possibile risposta mi fa venire più di un brivido...