La tensione è alta nell’Australia occidentale per l’aggressiva campagna antisqualo lanciata dal governo che partirà a gennaio e terminerà ad aprile. Il piano prevede la cattura e l’uccisione dei grandi squali al largo delle spiagge più popolari, ed ha già creato un’atmosfera carica di tensione soprattutto tra gli ambientalisti.
Naturalmente il governo non gradisce, e il premier Colin Barnett avvisa che coloro che saranno colti a danneggiare il sistema rischiano multe fino a 20.000 dollari (13.500 euro). Per giustificare la carneficina, egli dichiara: “Come governo dobbiamo trovare un equilibrio e 7 attacchi mortali in 3 anni, l’ultimo appena un mese fa, ci dicono che dobbiamo agire. Ed è questo che stiamo facendo”.
Presso la città di Perth e nel sudovest dello Stato, luoghi frequentati da un gran numero di bagnanti e surfisti, vi sono stati avvistamenti significativi. L’ultimo attacco di squalo avvenuto in Australia risale proprio a poco meno di un mese fa. Gli ambientalisti temono il crollo del numero di squali, già in pericolo a causa della pesca indiscriminata allo scopo di rivendere le pinne, considerate un piatto prelibato in Cina.
Anche il grande squalo bianco cadrebbe nelle trappole disposte in alto mare, ed essendo già una specie a rischio di estinzione, andrebbe invece protetto. È il tipo di squalo più pericoloso per l’uomo, sia per quanto riguarda la mole, che per la potenza della mascella. Insieme allo squalo tigre e allo squalo toro, è il maggior responsabile degli attacchi mortali che si verificano lungo la costa a surfisti e bagnanti. Anche detto “morte bianca” a giusta ragione.
Ma quando si tratta di esseri viventi, non si dovrebbero risolvere i problemi uccidendo la causa. Le reti a protezione delle spiagge potrebbero essere già un ottimo sistema difensivo, sebbene non siano sempre sicure, e mietano molte vittime fra gli squali di piccole dimensioni che vi rimangono impigliati ad agonizzare per giorni, prima di trovare la morte.
Ecco quindi che tutti si prodigano per salvaguardare lui, il signore dei mari, che è a capo della catena alimentare e senza il quale la vita negli oceani sarebbe notevolmente compromessa. Una “macchina” perfetta, rimasta pressoché immutata nel corso dei secoli.
Un predone al quale bisognerebbe riconoscere il diritto di vivere nel suo ambiente naturale, e con il quale l’uomo dovrebbe imparare a convivere.
Written by Cristina Biolcati