Campania: un minorenne su tre vive in condizioni di povertà

Creato il 10 gennaio 2014 da Vesuviolive

Nei giorni di ieri e oggi si è svolto a Milano, presso la sede della Fondazione Cariplo, il seminario “I genitori negli spazi di vita dell’infanzia”, organizzato su iniziativa della Compagnia di San Paolo di Torino in sinergia con la Fondazione Zancan e la stessa Fondazione Cariplo. Sono stati resi noti alcuni dati sulla povertà in Italia riguardanti l’anno 2012, e degli effetti di questa su bambini e ragazzi. Su 4,8 milioni di persone versanti in condizione di povertà assoluta i minori ammontano 1,1 milione, dunque praticamente 1 minore su 5 è povero. Il peggioramento è netto e spaventoso rispetto al 2011, quando erano 723 mila i minorenni poveri su un totale di 3,4 milioni.

Il vero dato scioccante appare ai nostri occhi, però, quando andiamo a vedere in quale modo è distribuita la povertà minorile su scala nazionale: nel 2011 in Sicilia un minore su due era in condizioni di povertà relativa, uno su tre in Campania, Calabria e Puglia, mentre erano 1 su 13 in Lombardia e Trentino Alto Adige e 1 su 18 in Veneto. Inoltre sempre da questi dati emerge che all’aumentare dei figli aumenta anche la povertà: le famiglie con un solo figlio minore si trovano in condizioni di povertà relativa nel 15,7% dei casi, e la percentuale cresce per quelle con due minori (20,1%) o con tre o più minori (28,5%). Ancora una volta è constatabile quanto il Meridione sia maggiormente colpito in tal senso, poiché in questa parte del territorio italiano il 33,9% delle famiglie con un minore è povero, mentre quelle con tre o più minori sono povere addirittura oltre il 40% delle volte.

Le considerazioni principali che possono essere tratte in merito sono di due ordini: in primo luogo, se le famiglie si trovano in tali condizioni di necessità non potranno provvedere a un mantenimento ed un’educazione adeguati della propria prole, con la conseguenza che i ragazzi saranno costretti a lavorare per poter mangiare, trascurando completamente la scuola. Non mi si venga a dire che esistono le istituzioni e gli strumenti legislativi per evitare questa degenerazione, dal momento che è sufficiente fare un giro per le strade giuste, nel mio caso quelle di Napoli e del napoletano, per rilevare la drammaticità della situazione; secondo, il mercato del lavoro su cui si riversano questi bambini e ragazzi dovrà essere per forza quello nero, date l’età dei soggetti e la situazione economica meridionale, oltre che nazionale ed internazionale. Come se non bastasse il lavoro nero, che è illecito e pericoloso già di per sé, diventa ancora più pericoloso se pensiamo come la criminalità organizzata non aspetta che l’occasione per marciare sullo stato di estremo bisogno della gente, e quindi avremo tra le altre cose ancora più minori sfruttati in tuguri, ancora più “baby-spacciatori”, ancora più abusi sessuali su ragazzi e ragazze, su bambini e bambine: non deve essere permesso.


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