Tutto pronto. I lavori del canale interoceanico tra l’Atlantico e il Pacifico nicaraguense sono iniziati alla foce del fiume Brito. Un regalo di Natale per l’amministrazione Ortega, che può brindare a pinolillo e tamales il primo passo di una mega opera che si prospetta tanto controversa quanto faraonica. E proprio come un faraone, Ortega è deciso a dare con quest’opera un posto nel mondo al Nicaragua e a sè stesso un posto di riguardo nei libri di storia. Alle cinque del pomeriggio della data stabilita, il 22 dicembre, Ortega è apparso in Plaza de la Revolución a Managua, teletrasmesso nel resto del paese, per annunciare come questa opera segni l’inizio di una nuova era per il Nicaragua.
Per il momento, non sarà un vero e proprio inizio con il botto. A Brito, fino ad oggi anonimo approdo sul Pacifico, inizieranno ad affluire gli ingenti carichi dei materiali che serviranno per gli scavi, ragion per cui bisognerà costruire strade, divellere ostacoli, preparare alloggi per le migliaia di lavoratori che saranno impiegati. Siamo ai preliminari, quindi. Anche perché lo studio di impatto ambientale non è ancora pronto. Secondo la firma britannica Enviromental Resources Management, incaricata di redigerli, i piani saranno presentati a tempo di record il prossimo aprile, e sicuramente daranno il via libera alle opere. L’ottimismo di Ortega e del suo governo è mitigato non solo dalle prime timide proteste di piazza, ma soprattutto dalle dichiarazioni di numerosi esperti, che ritengono l’opera un disastro annunciato per l’ambiente. In particolare a risentire del passaggio delle decine e decine di colossi post-panamax sarà il lago Cocibolca, il gran lago del Nicaragua, il secondo bacino lacustre per dimensioni più grande dell’America Latina. Il ¨Mar Dulce¨ dei conquistadores spagnoli è un patrimonio ambientale unico, habitat di molteplici specie marine: la poca profondità del lago, secondo gli specialisti, aumenterà i sedimenti e determinerà dei cambiamenti drastici e tragici per la flora e la fauna. 105 dei 278 chilometri della gran via passeranno da qui e trasformeranno questo incantevole paesaggio in un’autostrada acquatica. Futuro incerto anche per le comunità indigene miskito che vedranno i loro territori invasi: secondo il governo, questi terreni verranno presi in affitto, secondo gli interessati, invece, non c’è stato sinora nessun avvicinamento tra le parti.
Il commercio, gli affari, però sono molto più potenti di qualsiasi stima della comunità scientifica o dei diritti indigeni. La firma cinese HKND (http://hknd-group.com/) incaricata dei lavori ha presentato un corto, ma eloquente comunicato per annunciare l’inaugurazione delle opere: ¨sono stati effettuati prospetti, disegni e ricerche fruttifere ed efficaci, stabilendo così una solida base per la costruzione del Gran Canal. Diventerà realtà il sogno dei nicaraguensi che si beneficeranno economicamente, socialmente ed ambientalmente¨. Così, a detta dell’azienda con sede a Hong Kong, che potrà avvalersi dei diritti sul canale per i prossimi cento anni. Come affare, niente male. Soprattutto se si pensa che la HKND non ha nessuna esperienza nel settore della costruzione o dell’ingegneria. Sono in tanti a chiedersi chi ci sia, in realtà, dietro il basso profilo del presidente della società e dei suoi dirigenti, ma intanto si va avanti a tutta macchina.
Il costo iniziale dell’opera varia tra i 40.000 e i 50.000 milioni di dollari e darà lavoro diretto a circa 50.000 persone tra tecnici, operai, manovali. La sua inaugurazione è prevista per il 2020.
Canale del Nicaragua: al via i lavori tra proteste e proclami
Creato il 23 dicembre 2014 da EldoradoPossono interessarti anche questi articoli :
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