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Cancro, allergie e malattie mentali tra i vegetariani? Un caso esemplare di ricerca scadente

Da Democratic Nutrition @DemoNutrition

È ormai salita agli onori della cronaca la pubblicazione curata da alcuni ricercatori austriaci dell’Institute of Social Medicine and Epidemiology (Medical University Graz), giunta alla conclusione che “una dieta  vegetariana è associata ad una peggior salute (maggiori incidenze di  cancro, allergie e disordini della salute mentale), un maggior bisogno  di assistenza sanitaria ed una peggior qualità della vità. Quindi, c’è  bisogno di programmi di sanità pubblica per ridurre i rischi alla salute dovuti a fattori nutrizionali”.
Ma andiamo a leggere lo studio originale:
Anzitutto, tra i 330 soggetti del gruppo “vegetariano” sono stati inclusi anche i consumatori di pesce, mettendo quindi in dubbio la stessa definizione di queste persone come “vegetariane”, senza contare che i soggetti si sono auto-classificati, ossia non è stato condotto nessun tipo di analisi sulla frequenza di consumo degli alimenti che permettesse una categorizzazione precisa, come è d’uso negli studi in campo nutrizionale. E’ anche sorprendente che pur non avendo distinto tra consumatori di pesce, latto-ovo-vegetariani e vegan si è invece provveduto a fare ben tre distinzioni tra dieta onnivora “ricca di  carne”, “meno ricca di carne” e “ricca in frutta e verdura”.
In secondo luogo, questo è uno studio “a campionamento  trasversale”, ossia che fornisce solo ed esclusivamente una fotografia “storicamente” non contestualizzata su un certo gruppo di persone. In  altre parole: non sappiamo da quanto tempo queste persone fossero vegetariane, e non si può quindi escludere quello che hanno scritto gli stessi ricercatori, ossia che “i vegetariani nel nostro studio consumino questo tipo di dieta come conseguenza dei loro disordini, in quanto una dieta vegetariana è spesso raccomandata quale metodo per intervenire sul peso e la salute”.
I problemi, però, non si fermano qui: come è stato fatto notare in alcuni commenti allo studio dall’epidemiologo Paul Appleby, è possibile che alcuni tra i “vegetariani” siano stati in realtà comparati con delle persone onnivore con qualche anno di meno: è ovvio che le persone più in là con gli  anni possono presentare molto più facilmente dei problemi di salute, andando quindi a influire negativamente sui dati.
Infine, va detto che la maggior parte dei partecipanti erano donne ed al di sotto dei 30 anni, impedendo quindi un panoramica estrapolabile alla categoria sociale dei  vegetariani austriaci nel loro complesso. Ed è qui che c’è forse l’aspetto più sorprendente di tutti, evidenziato in ulteriori commenti dal medico Markus Schweitzer, e altrettanto soprendentemente non trattato nell’articolo: i soggetti di studio erano in realtà un sotto-gruppo di una precedente e più estesa analisi curata dallo stesso gruppo di ricerca… giunta a conclusioni diametralmente opposte, che riportiamo testualmente: “C’è la necessità di programmi di sanità  pubblica per ridurre i rischi alla salute associati con una dieta carnivora”.
Con tutto il rispetto per i ricercatori e la loro buonafede,  questo sembra uno di quei casi in cui non è solo l’informazione  mediatica ad essere scadente: è proprio lo studio che fa acqua da tutte le parti.
Carlo Martini (Divulgatore scientifico per l’Associazione Democratic Nutrition)

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