Cancro, basta dirlo.
lunedì 24 ottobre 2011 di Rosita Baiamonte
Una delle tante vittime di questa terribile malattia che colpisce e spesso, anzi il più delle volte, uccide. Anna Lisa per un po’ ha lottato, con i suoi trentatré anni di splendente giovinezza credeva assurdo doversi fermare e lasciare che il cancro la divorasse, ha deciso di lottare e l’ha fatto nella maniera più inaspettata, raccontandosi attraverso le pagine di un blog: Io ho il cancro. Il blog di una malata viziata, coccolata, amata, fortunata.
Da quella piccola finestra sul mondo, Anna Lisa scriveva le sue gioie, i suoi dolori, la paura per la chemio, la felicità di aver sconfitto il cancro, la tristezza nello scoprire che era tornato più agguerrito di prima. E noi eravamo i privilegiati osservatori di questa piccola vita che tentava in tutti i modi di non soccombere, che chiamava a raccolta tutti i suoi amici, cui affibbiava i nomignoli più strani, per non sentirsi sola.
Lei, insieme a tante altre donne, è l’esercito delle “cancer bloggers”, un esercito armato solo di estremo coraggio, forza di volontà, gioia di vivere. L’apripista fu l’americana Ann Silberman, che nel 2009, dopo aver scoperto di avere un cancro al seno, ha aperto questo blog: Breast cancer? But doctor… I hate pink!, dove, attraverso l’arma dell’ironia, Ann si prende gioco della bestiaccia, con esiti talvolta esilaranti, come quando prende in giro il nome di un particolare esame chiamato MUGA:
“MUGA is a funny name for a medical test. It sounds like the kind of test they have in New Jersey, doesn’t it? “Hey youse, I’m a gonna muga you heart. Whadda you mean, will it hurt? Fahgeddaboutit!”
La blogterapia, così è definita, ha permesso loro di buttare giù enormi muri, vecchi di secoli e togliere finalmente il velo d’ipocrisia che circonda la parola cancro e tutto ciò che lo riguarda. Quante volte ci siamo trovati a parlare a bassa voce, perché quella parola non si può dire, è un tabù, la si chiama malattia incurabile, quel male, il male, quella cosa che non si cura? Siamo talmente abituati a non sentirlo nominare che è normale dirlo a bassa voce. È vero, la parola cancro fa paura, sembra quasi che pronunciarla possa in qualche modo evocarlo. Invece sarebbe bene urlarlo al mondo che il cancro è sì una bestia, ma lo è ancor di più quando non si ha il coraggio di affrontarlo a testa alta, senza vergognarsi, senza rassegnarsi alla realtà dei fatti. Anna Lisa e le altre hanno avuto il coraggio di dire quello che nessuno vorrebbe sentire mai: che la chemio fa cadere i capelli, che avere il cancro ti debilita il fisico e la mente, che dopo la terapia passi la notte a vomitare, che hai il cagotto sette giorni su sette, che quando non riesci a respirare sei costretta a farti amica la bombola dell’ossigeno, ma anche che in momenti come questi, una parola amica è una terapia più efficace di qualsiasi medicina, che avere qualcuno accanto che ti ama è sempre la migliore medicina.
Il blog le fa sentire invincibili, perché riescono attraverso le parole a dire quello che non avrebbero mai il coraggio di dire a voce, perché la società non è pronta a “ricevere” il carico di sofferenza altrui. Leggere il blog di Anna Lisa o di Ann non è fare un’esperienza nella sofferenza, al contrario: è fare il pieno di vita, gioia, amore, voglia di farcela.
La blogterapia non è efficace solo per loro, ma anche per chi le legge. Inoltre, alcuni studi scientifici,hanno dimostrato che questo tipo di comunicazione, mirato a tirare fuori le emozioni che derivano da questa malattia, rende più forti, più consapevoli e spinge a lottare di più, perché il senso di solidarietà che s’instaura fra chi scrive e chi legge, la continua interazione, lo scambio di opinioni, di esperienze fa sentire meno soli in questa grande battaglia chiamata cancro e questo, in qualche caso, agevola il processo di guarigione (ovviamente senza un’adeguata terapia nessuna malattia può essere sconfitta, questo a scanso d’equivoci).
In altri casi, come in quello di Anna Lisa, il cancro è più forte, ma non per questo lo strumento blog diventa vano, anzi, diventa l’unica vera arma quando non ci sono più speranze, per dire al mondo: “Ci sono, nonostante tutto, io ci sono e non mi va di arrendermi così facilmente”.
Non credo esista lezione migliore.
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