Paolo Cannavaro, capitano del Napoli, in un’intervista rilasciata al quotidiano Il Calciatore, ha parlato di vari temi. Ecco le sue parole: Non sono stato trattato bene, il problema ero sto nome che portavo: essere il fratello di Fabio è stato un macigno che ho portato sempre addosso, quasi che la bravura di mio fratello fosse una colpa per me che venivo dopo di lui. Avevo un fratello ingombrante e come poteva non essere così. Ha vinto scudetti, il Mondiale, il Pallone d’oro… È come una cicatrice che ho dentro, sempre lì a fare paragoni e per questo sono adesso ancor più orgoglioso di essere arrivato ad essere Paolo.
La fascia. «Ci tengo a portarla, c’è tanta gente a Napoli che si rispecchia in me: me lo dicono i tifosi. Come faccio il capitano? Silenzioso e con il sorriso sulle labbra: se salta fuori un problema non sono certo quello che attacca i compagni al muro».
La canzone. «Non canto mai ’O surdato ’nnammurato, non mi viene. Adesso con la Champions è straordinario sentire la gente cantare quell’inno. Ricordo uno degli assistenti della partita contro il City, era sloveno ma parlava italiano: ”Siete matti voi”, così mi ha detto».
Il razzismo. «A me dicono sempre che sono terrone, dove giochiamo spesso cantano ”noi non siamo napoletani”. È anche vero che noi siamo dappertutto come i cinesi».