Cannes 2014. TURIST (recensione): il film svedese rivelazione di Un certain regard

Creato il 29 maggio 2014 da Luigilocatelli

Turist (Force Majeure), un film di Ruben Östlund. Con Johannes Bah Kuhnke, Lisa Loven Kongsli, Clara Wettergren, Vincent Wettergren, Kristofer Hivju, Fanni Metelisu. Svezia/Danimarca/Francia/Norvegia. Presentato a Un certain regard. Vincitore del Premio della giuria di Un certain regard.
Una normale, felice famiglia svedese in vacanza sciistica sulle Alpi svizzere. Ma sucederà qualcosa di anomalo, di imprevisto, e tra marito e moglie niente sarà più come prima. Sembra Bergman, ma è più Haneke. Con parecchi echi della struggle-for-life darwiniana. Uno dei film che più sono piaciuti a Cannes. Ne risentiremo parlare. Voto tra il 7 e l’8
C’era un enorme buzz a Cannes intorno a questo film, tant’è che non ce l’ho fatta ad entrare alla prima proiezione stampa alla Salle Debussy da tanta folla che premeva. L’ho recuperato qualche giorno dopo alla Salle Soixantième, e non è stata una delusione, anzi. Aspettative rispettate. Film difficile da classificare, a dimostrazione della sua originalità ed eccentricità rispetto a molti schemi consolidati e ai generi. Una crisi di coppia, con tortuosità psicologiche e tormenti che inevitabilmente ricordano il gran connazionale del regista Östlund, Ingmar Bergman, immersa però in una cornice di riflessioni neodarwiniane sull’istinto di sopravvivenza, se non proprio sulla struggle for life. Cosa succede di noi in situazioni di emergenza? Come reagiamo? Prevale l’egoismo immediato e cieco oppure l’altruismo? Turist incomincia e parzialmente si sviluppa come un teorema, o, se preferite, come certi esperimenti scientifici di osservazione di comportamenti in condizioni estreme. Quasi l’illustrazione attraverso una storia di certe pagine del Gene egoista di Richard Dawkins. Una esemplare, perfetta famiglia svedese (qual è l’equivalente in Svezia di ‘famiglia mulino bianco’?) – padre, madre, un figlio, una figlia – sono in Svizzera per una settimana di sci in alta montagna. Tutto è meraviglioso, la vacanza è meravigliosa, la Svizzera della neve e dei ghiacci è meravigliosa. Ma mentre i felici quattro si trovano sulla terrazza di un ristorante con vista sulle vette, ecco una valanga. ‘Una valanga controllata’ assicura il capofamiglia. Solo che la massa di neve non si ferma, si avvicina sempre più minacciosamente al ristorante, si ferma solo a pochi metri dopo aver spruzzato di polvere ghiacciata tutti i presenti. Catastrofe evitata per miracolo. Da questo momento tra Tomas e la moglie Ebba niente sarà più come prima. Perché lei rimprovera a lui di essere scappato in quel momento fatale, di avere pensato a salvare la propria pelle fregandosene di lei e dei due figli. Tomas cerca debolmente di difendersi, ma non riesce a fermare la crisi che, dopo quell’accusa di ignavia rivoltagli da Ebba, investe il matrimonio. Ebba non si fida più di lui, non gli crede più né come marito né, tantomeno, come padre. Il film è scandito in episodi che corrispondono ai giorni di vacanza, a sottolineare il tono diaristico, cronachistico, fattuale, fenomenologico, adottato dal regista verso i suoi protagonisti. Diversamente da Bergman, questo film non si addentra più di tanto nei cunicoli mentali di una coppia a dissotterrarne l’inconscio, è piuttosto un referto, la distaccata osservazione di un caso esemplare. Che è poi quanto lo rende così interessante, avvicinandolo – più che alla tradizione del grande cinema scandinavo – a certo cinema fenomenico e glaciale alla Haneke. In controluce, si intravede anche una rilflessione per niente banale sulla virilità oggi, su quel che resta del maschio dopo l’avanzata in occidente negli ultimi decenni del femminile, su come si son ridotti e complessificati e forse denaturati i ruoli maschio-femmina all’interno della coppia e della famiglia.

Il regista svedese Ruben Östlund

Risultato notevole, questo Turist, cui Ruben Östlund arriva anche attraverso l’uso del paesaggio alpino, della sua maestosità e immensità (è il secondo film alpino-svizzero di questo Cannes insieme al bellissimo, e dai critici sottovalutato, Sils Maria di Olivier Assayas), stando sì sulle facce e i corpi dei suoi protagonisti, ma immergendoli in quel contesto ambientale così prevaricante, trasformandoli in esseri come perduti e dominati dalla natura. Cine-darwinismo. Il limite di Turist sta nel troppo palese intento dimostrativo, e in una parte seconda meno convincente, come se il regista non ce la facesse a dipanare una vera narrazione oltre la sua brillante idea di partenza (e premessa teorica). Entra in ballo a un certo punto una coppia amica, senza che aggiunga granché alla storia. Ancora meno convince il successivo riscatto di Tomas. Per fortuna nella sequenza finale si recupera il senso di sperdimento, di confusione, di fronta alla natura incombente, si rinnova la scommessa della sopravvivenza in un’altra situazione atipica. E Östlund riesce ancora a inocularci sani dubbi e una sana insicurezza.


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