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Cannes 67: “Alleluia” di Fabrice Du Welz (Quinzaine des Réalisateurs)

Creato il 23 maggio 2014 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Alleluia

Anno: 2014

Durata: 95′

Genere: Drammatico

Nazionalità: Belgio

Regia: Fabrice Du Welz

Girato in 16 mm, per scelta “di vita” del regista belga Fabrice Du Welz, Alleluia completa la trilogia iniziata nel 1999 con il cortometraggio Quand on est amoreux, c’est merveilleux e ripresa nel 2004 con il lungometraggio Calvaire; mette a fuoco il rapporto d’amore alienato e alienante tra un uomo e una donna che durante il corso della storia assumono alternativamente i ruoli di vittima e carnefice, dominato e dominante.

Liberamente ispirato ad una storia vera, il film si sviluppa in quattro atti: Gloria, Marguerite, Gabriella, Solange, dal nome delle donne che ruotano intorno a Michel (Laurent Lucas), co-protagonista insieme a Gloria (Lola Dueñas, ben nota al pubblico internazionale per aver lavorato con Pedro Almodovar); Gloria lavora all’obitorio (è abituata a maneggiare la morte ogni giorno) ha alle spalle un matrimonio violento e vive sola con sua figlia, fino all’arrivo di Michel, che le farà perdere la testa e la trascinerà negli altri atti della storia.

Michel contatta Gloria attraverso una rubrica per cuori solitari, la seduce, l’abbandona, la fa impazzire prima di farsi ritrovare per poi piegarla alla sua volontà; Marguerite e Gabriella sono le vittime scelte da Michel, abile seduttore iniziato ai piaceri della carne dalla sua stessa madre, che vuole farsi sposare e poi spillare i soldi alle malcapitate. Tutti e due i tentativi falliscono in un tragico epilogo scatenato dalla gelosia e dalla rabbia omicida di Gloria, che ormai ha mollato figlia lavoro e casa per compiacere Michel nei suoi progetti diabolici.

Il copione dell’ultimo atto è quasi lo stesso: Michel e Gloria si presentano dalla bella e solitaria vedova  Solange, come fratello e sorella, in cerca di un lavoro presso la tenuta della donna. Lentamente Michel si avvicina a Solange per sedurla e di nuovo la furia assassina di Gloria si scatena. Proprio in merito al finale dal pubblico arriva il lusinghiero paragone con Funny Games di Haneke, ma se in Funny Games il ragazzino veniva ammazzato, qui la piccola figlia di Solange viene lasciata fuggire proprio dallo stesso Michel, che ormai sa di essere passato dalla parte della vittima.

E nonostante il paragone con Haneke, Du Welz non si ritiene un “master”, un grande del cinema ma un amante, appassionato; nel film infatti rende omaggio a The African Queen di John Houston, capolavoro del 1951 con Humphrey Bogart e Katharine Hepburn.

Piace al pubblico l’estetica del film e Du Welz li rassicura affermando che continuerà a girare con pellicola, sebbene questo diventi ogni giorno più difficile; da appassionato del vecchio cinema gli piace quell’effetto “romantical sticky” (così tradotto dal francese) che i suoi film riescono a rendere; l’effetto sullo spettatore arriva sin dalle prime immagini, perché naturalmente imperfette e a volte non completamente nitide ai nostri occhi, ormai assuefatti dalla noiosa purezza del digitale.

Anna Quaranta


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