Cannes 67: “White God” di Kornél Mundruczó (Primo Premio Un Certain Regard )

Creato il 24 maggio 2014 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Anno: 2014

Durata: 119′

Genere: Drammatico

Nazionalità: Ungheria

Regia: Kornél Mundruczó

White God dell’ungherese Kornél Mundruczó si apre con una scena a forte impatto visivo ed emotivo. Una mandria di cani inferociti corre per le strade deserte di Budapest mentre una bambina pedala veloce per sfuggirli. Quando i cani la raggiungono, lo stacco della camera ci porta a una scena tranquillizzante di lei che gioca con il suo cane in un parco. La differenza radicale dei toni e la disinvoltura della transizione repentina lasciano lo spettatore attonito. Presto ci rendiamo conto che il film è un lungo flashback che si muove fino a raggiungere il punto iniziale della storia, il feroce inseguimento. Quello che può essere definito un horror-splatter socio-politico canino altro non è che l’allegoria della rivoluzione dei più deboli ai soprusi dei più forti.

Hagen, il fedele e mite cane di Lily (una convincente Zsófia Psotta), è un meticcio. In Ungheria una legge limita il possesso dei cani non di razza e impone ai loro proprietari di pagare una tassa piuttosto esosa. Il risultato di questa politica sono i canili pieni zeppi di cani raccattati per strada dopo essere stati abbandonati. Quando la madre di Lily parte per tre mesi in Australia, le cose per il povero Hagen si complicano. Infatti, né il padre di Lily né una sua scontrosa vicina gradiscono la sua presenza. La situazione precipita quando a Lily viene imposto di abbandonare il suo compagno fedele e Hagen, per la prima volto solo in strada, si trasforma in una randagio presto maltrattato da uomini senza scrupoli.

Il sesto film di Mundruczó (Delta, Johanna e Tender Son) è “un racconto ammonitorio sul rapporto tra le specie superiori e i loro disgraziati subalterni. Emarginato e tradito, il migliore amico dell’uomo si ribella al suo padrone…” . Tra il semi-serio e il faceto, White God racconta della caduta e della ripresa dell’individuo oppresso (in questo caso nella raffigurazione del cane – dog=god?). Alcuni ragguagli sulle pratiche sadiche dell’uomo sul cane risulteranno piuttosto indigeste per gli animalisti e gli amanti degli animali. Hagen si incattivisce dopo i soprusi subiti, e si ribella guidando una rivolta violenta contro coloro che lo hanno umiliato e maltrattato. Come tutte le insurrezioni che si rispettino, la lotta tra gli amici a quattro zampe e gli esseri umani avviene senza esclusione di colpi e Mundruczó non esita a renderla spettacolare.

Budapest è in un bagno di sangue a causa della vendetta di Hagen e della sua banda di reietti. Solo l’incontro pacifico con Lily e il suo amore per l’amico smarrito potranno placare l’ira dei cani ribelli. Secondo Mundruzcò la civiltà occidentale ha sottomesso il mondo, la cultura dell’uomo ‘bianco’ si è imposta sulle altre, l’esportazione dei valori del mondo cosiddetto civilizzato si è trasformata in conquista, dominio e annullamento dell’altro. L’amore e l’umiltà ci salveranno?

White God è stato presentato nella sezione Un Certain Regard aggiudicandosi con qualche sorpresa il premio principale. Il regista ha usato una forma cinematograficamente sperimentale per genere ed elementi della narrazione giocando sul rapporto tra la ragazzina (unica saggia) e il cane in senso empatico con il pubblico. La tematica è scottante e attuale più che mai, e senz’altro coraggiosa e originale è la scelta del mondo canino come simbolo dei denigrati e sfruttati della storia e angolazione da cui osservare e far scattare gli eventi. White God è definitivamente un film destabilizzante, per diverse ragioni.

Francesca Vantaggiato


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