Cannes 68: Taklub di Brillante Mendoza (Un Certain Regard)

Creato il 20 maggio 2015 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma
  • Anno: 2015
  • Durata: 140'
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Filippine
  • Regia: Brillante Mendoza

Davvero lo si può considerare il miglior occhio in circolazione, il regista filippino Brillante Mendoza, classe 1960. Pellicola dopo pellicola, lo stupore di QUANTO sia capace di catturare e assorbire nella lente della macchina da presa, di COME riesca ogni volta a farsi strada nei luoghi e nelle persone, rendendoci una realtà con l’effetto di uno stupefacente, per impatto visivo ed emotivo, di consapevolezza, che ci trasmette. E poi la fortuna “tra estreme virgolette, perché indubbiamente avrebbe sicuramente voluto risparmiarsela” di vivere e raccontare un pezzo di mondo dove l’uomo è gettato nel CAOS…

Le Filippine sono paradiso e inferno, sono davvero un primordiale luogo dove gli uomini convivono con un’instabilità esistenziale atroce, feroce, implacabile. Sia umana (il suo nerissimo Kinatay, 2009, ne rappresenta il simbolo: il male indossato dagli uomini li rende demoni implacabili), sia naturale (una forza, la natura, che schiaccia le sue creature semplicemente esistendo)… Il super tifone Haiyan del 2013 ha prodotto oltre 10.000 vittime e innumerevoli dispersi… Si è gettato sulla citta di Tacloban, cambiandola per sempre. Mendoza con Taklub ci racconta ciò che è rimasto e come si resta e si ‘reagisce’ al CAOS. Lo fa concentrandosi su tre personaggi che popolano uno dei quartieri di tende e lamiere accanto alla costa, dove sono ammassati i superstiti che, passato un anno, ancora attendono una casa vera…

Bebeth (una grande Nora Aunor), piccola e forte donna che porta avanti se stessa e la sua figlia maggiore gestendo un bar improvvisato. Bebeth che cerca di annullare il suo dolore per i due figli più piccoli dispersi, stando accanto alla comunità e ai più deboli… Il tentativo di trovare la corrispondenza di DNA con i resti di una fossa comune, e dare un luogo simbolico di sepoltura ai figli, è la speranza che la fa andare avanti….

Larry, uomo forte e semplice, che dopo la morte della moglie si attacca alla religione per dare un senso di giustizia a tutta la devastazione che lo circonda, credendo ingenuamente che più fede avrà, più riuscirà a preservare il resto della famiglia…

Erwin, fratello maggiore divenuto improvvisamente capofamiglia, che lotta per un suo tetto di lamiere sotto la testa, per proteggerli.

Attraverso questi tre custodi dello spazio bianco tra mare e citta si fanno vividi in noi i significati di dolore, sofferenza, smarrimento, piccole gioie, senso di appartenenza, istinto di sopravvivenza… prevaricazione… la vita. E Mendoza (come sa fare egregiamente) non ci filtra niente, ci mostra con crudezza ogni minimo particolare del CAOS, non per un voyeurismo o artificiosità estetica, ma per la necessità che abbiamo di guardare veramente cosa succede, cosa noi scampiamo per puro caso, pura circostanza… Cosa un uomo come noi deve affrontare, sopportare… Cosa l’uomo è, cosa siamo. E lo fa nel talento che si espande mobile, aggressivo, morbido, feroce, attaccandosi letteralmente ai corpi bruciati dei morti nell’incendio della loro tenda-casa, ai piedi e al corpo di una donna estratto dalla terra, sepolto dal crollo di una baracca, al rumore del battito cardiaco di un bambino che si spegne in ospedale, alla fatica di sopravvivere, alla forza e al credo in Dio che viene meno, al conforto di una fede che qui ha senso, dentro il caos ha senso, dentro la consapevolezza di finire in qualsiasi momento ha senso, dentro il dolore quotidiano che si sperimenta ha senso, dentro la constatazione di impotenza ha senso… Per non impazzire.

Una musica saggiamente misurata, saggiamente claustrofobica, saggiamente spietata, camera a mano, carrello, primissimi piani, campi lunghi, campi medi, cambi di prospettiva, corse a perdifiato, cambi di messe a fuoco, una fotografia cosi versatile che si adatta naturalmente e spontaneamente a ciò che cattura, granulosa, pastosa, vibrante, evanescente… Impressioni-reazioni dell’occhio, di una pupilla vibrante chiusa dentro la macchina da presa. Straordinaria pellicola Taklub, di potenza rarissima e preziosa. Il miglior film tra le pellicole che ho visto in questa edizione di Un Certain Regard e che mi auguro venga premiato con il più alto riconoscimento.

Maria Cera



Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :